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Day 2.  Storie, storie e ancora storie. Tanti film e volti noti e meno noti sfilano sulla passerella del FFF8, c’è molta Ferrara. Alcuni cortometraggi da ricordare. E poi lei, Lucrezia.

Dopo una grande apertura nel segno di Giancarlo Giannini [leggi su Periscopio il Day 1], la kermesse estense porta molte sorprese, e nelle proiezioni del pomeriggio del secondo giorno c’è davvero tanta Ferrara. Non solo in termini di pubblico, numeroso e molto attento, ma fra i registi, gli attori e la città stessa che fa da splendida e incantevole scenografia a racconti che trattano dai temi sociali a quelli più storici, se pur in chiave ironica. Magnifica cornice.

A salire sul palco, Anna Elena Pepe, Sebastian Maulucci, co-registi del cortometraggio “Miss Agata” (Anna Elena interpreta anche la protagonista), con gli attori Andrea Bosca e Yahya Ceesay, il registra teatrale Massimiliano Piva e l’aiuto regista Francesco Meatta.

Anna Elena Pepe e il team di “Miss Agata”, foto Valerio Pazzi

La “comedy-drama”, che ha appena vinto il ‘Premio Starlight International Cinema Award’ come migliore sceneggiatura a Venezia 80, affronta, con il sorriso tipico della commedia all’italiana, temi sociali importanti: le donne e il dolore del trauma dopo una violenza (il ‘disturbo da stress post traumatico’), la paura, l’incapacità a ricostruirsi una vita normale, l’indifferenza delle istituzioni e l’incapacità della società ad affrontare temi che non fanno notizia. Ci sono poi i pregiudizi verso gli immigrati, gli stereotipi, ma anche tanta dolcezza nella musica che sa di casa e che fa ballare, per un attimo spensierati, per la strada. Per le vie di una città di Ferrara che è bellissima e che prende e restituisce una luce diversa. Di Anna Elena Pepe vi abbiamo parlato, non resta che seguirla con attenzione…

Eccoci allora ad una delle première europee più attese: “Tre storie in bottiglia”, la vera sorpresa della giornata. Il regista ferrarese – romano d’adozione – Giuseppe Gandini, con, fra gli altri (ci sono una trentina di attori, fra i quali molti concittadini), Massimo Olcese, Ignazio Oliva e Christian Borromeo, ci conduce in una magica ‘enoteca’ dove le bottiglie di vino raccontano storie: la’‘enobreria’, brillante trovata, lasciateci dire.

Giuseppe Gandini e il team di “Tre storie in bottiglia”, foto Valerio Pazzi

Due avventori e l’Oste (interpretato dallo stesso Gandini) assaggiano tre vini diversi e, magicamente, tre storie iniziano a intrecciarsi lentamente.

Il regista, racconta sul palco con i suoi attori, ha ultimato il suo progetto dopo sei anni di raccolta fondi, tre anni di riprese e due anni di pandemia, che non lo hanno fermato.

Il protagonista principale del lungometraggio è il vino, il suo colore, il suo odore, il suo sapore, la sua forza. Un prodotto versatile e autentico perché viene dalla terra, è fatto dell’uomo e l’uno narra dell’altro. Il vino aggrega, fa parlare, dialogare, comprendere, sognare, innamorare, ha tanto da raccontare. Parla di gusto, di svago, di lavoro, di amicizia e di amore. Con la stessa intensità.

Il film contiene tre episodi che, pur slegati, si intrecciano nella narrazione, episodi, peraltro, girati in tempi diversi (2019, 2021 e 2022), anche perché i fondi e le riprese in aziende e consorzi vinicoli sono arrivati gradualmente.

“Il primo episodio è stato girato a Montefalco, grazie al Consorzio del Sagrantino e alla Regione Umbria”, ha raccontato Gandini in un’intervista. “Per il secondo ho trovato un imprenditore toscano vicino a Pisa, nel Chianti; il terzo invece, con un finanziamento privato, sono riuscito a girarlo a Castello di Torre in Pietra, vicino a Roma”.

La trama dei tre episodi? Il primo narra la storia di un brillante fotografo alla ricerca della foto perfetta e difficilissima, l’occasione della vita, che, come oggetto, avrà l’odore del vino. Nel secondo, il protagonista è un giovane rampollo di famiglia (i Cinciallegra) che attraverso un’obbligata esperienza in vigna, cambierà la sua visione del mondo. Il terzo è una storia romantica fra non più giovanissimi, una sorta di moderno ‘Romeo e Giulietta’ fatta di tenerezza e romanticismo. Tutto a lieto fine. Assolutamente da vedere.

Interessante poi il cortometraggio “Un cuore, due colori”, di Marco Maraniello (sul palco i due attori protagonisti Alessandro Orrei, Francesco Piccirillo), che precede l’ultima première cinematografica della serata.

Una storia intensa, coinvolgente e commovente che racconta di Gennaro (Francesco Piccirillo) e Lorenzo (Alessandro Orrei, noto al grande pubblico per il ruolo di Mimmo nella fiction “Mare fuori”), due ragazzi diversi, agli antipodi, conosciutisi grazie ai social, che, a Napoli si trovano, apparentemente, su due fronti opposti. Juventus vs Napoli, agio vs disagio, Posillipo vs Quartieri Spagnoli, spensieratezza vs complessità, ricchi vs poveri. A unirli la passione per il pallone, una partita di calcetto dove, alla fine, sportivamente, ci si scambia la maglietta e il fischietto. Il match, infatti, non li vede totalmente contrapposti: Gennaro, a causa di una malformazione cardiaca, è costretto ad arbitrare.

Team di “Un cuore, due colori”, foto Valerio Pazzi

Ma i fronti sono opposti solo apparentemente. L’amicizia e il destino uniranno i due lembi di un incredibile e tragico disegno. Verso lo stesso cuore generoso, dove ci si salverà insieme, dove la ricchezza e il benessere serviranno a ben poco. Il corto è in corsa per il David di Donatello 2024. Gli auguriamo buona e immensa fortuna.

Infine, al suo debutto sul grande schermo, “L’incantevole Lucrezia Borgia (Première Event) di Marco Melluso e Diego Schiavo, con Tullio Solenghi e Lucrezia Lante della Rovere, che racconta l’appassionante storia di Lucrezia Borgia d’Este, donna tormentata da scandali e pettegolezzi e per secoli ritenuta simbolo di crudeltà e amoralità.

Ve ne avevamo accennato durante le riprese, oggi finalmente lo vediamo. Grande curiosità.

Il film è divertente, racconta la vita di Lucrezia, figlia del cardinale spagnolo Rodrigo Borgia (il futuro papa Alessandro VI), come una telenovela moderna, con tanto di telefonini, social e like. L’originalità, a parte la stessa colorata e vivace modalità narrativa, sta nella riscoperta del personaggio di Lucrezia, dello svelare la manipolazione cui tutta la sua vita è stata oggetto, da parte di una famiglia ingombrante e intrigante, i Borgia, del suo essere vittima di interessi e giochi di potere superiori, di cui lei è stata, spesso inconsapevole, pedina.

Lucrezia & team, i registi Marco Melluso e Diego Schiavo, foto Valerio Pazzi
Lucrezia Lante della Rovere, foto Valerio Pazzi

La sua bellezza ed eleganza l’hanno condotta a matrimoni combinati voluti da altri, le stesse, insieme alla sua generosità, che hanno salvato la città, ai tempi del matrimonio con Alfonso d’Este, della guerra scatenatasi fra la Francia e il papato di Giulio II (lo spietato e temuto avo dell’attrice, Giuliano della Rovere) e dell’amicizia con l’umanista Pietro Bembo.

Tanta storia raccontata con il sorriso e resa intellegibile al grande pubblico.

E poi si vede tanta Ferrara, soprattutto dal cielo, bellissima nelle sue geometrie regolari. Una piacevole riscoperta anche per i ferraresi.

Foto di Valerio Pazzi

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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