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Miss Agata e le altre, intervista ad Anna Elena Pepe
“Scrivo film per risparmiare lo psicologo”

È giovane arguta, intelligente, simpatica, empatica, curiosa e preparata. Ed è di Ferrara.

Ha portato la città estense a Londra e Los Angeles, passando per Milano e, in questi giorni, per Spello. Su palchi e schermi noti e meno noti, sempre con il sorriso.

Anna Elena Pepe, poliedrica regista, sceneggiatrice e attrice ferrarese ha presentato, il primo marzo, al Chinese Theatre di Hollywood, distretto di Los Angeles, in occasione del Golden State Film Festival, il suo cortometraggio Miss Agata.

Camminare lungo la Walk of Fame per immergersi in un luogo di culto, a forma di sacrale pagoda, che ha visto passare e passeggiare accanto a sé giganti come Kirk Douglas, Jack Nicholson o Judy Garland, non dev’essere emozione da poco.

Raggiunta telefonicamente in un filo diretto Roma-Londra, glielo abbiamo chiesto.

“Un’esperienza ‘Out of body’”, ci dice, “mi sono chiesta: ma sono veramente qui? Ti giri e vedi le impronte delle star, entri in un luogo ove ci sono grandi teche che contengono i film di Hollywood, e poi le foto, tante, sei nel tempio del cinema di una volta. Vi sono sale enormi, sono stata fortunata, il mio corto è stato proiettato non era solo in concorso (spesso i cortometraggi in concorso sono messi online e non vengono proiettati). Ho avuto una sala enorme tutta per me, con una sessione di Q&A, e quando ho partecipato alla prova di proiezione, mi hanno chiesto, fra le tante cose, se volessi aggiustare il volume. Insomma, sono stata trattata come un film-maker con tutti i crismi. Wow! Mi sono detta. Come ci sono arrivata?”. Forse perché fa tutto con inconsapevolezza, entusiasmo e leggerezza. Peraltro, altamente contagiosi.

Prima di Hollywood, Miss Agata era stato a Milano, al Souq Film Festival (1-4 dicembre 2022), a Clermont-Ferrand, al Festival du Court Métrage (27 gennaio-4 febbraio 2023) e sarà al Festival del Cinema Città di Spello (10-19 marzo 2023), diretto da Laura Luchetti. Prodotto da Ladybug Crossmedia (Italia) e Tabit Films (Inghilterra), Anna Elena Pepe ha scritto il soggetto, lo ha co-sceneggiato con Nicola Salerno, co-diretto con Sebastian Maulucci, e interpretato, nel ruolo della protagonista.

La trama? Una comedy drama che racconta la storia di Agata (Anna Elena Pepe), una giovane donna all’apparenza un po’ maldestra e buffa – che ricorda molto Bridget Jones, anche per lo stile e lo humour british ormai acquisiti dall’attrice che oggi vive a Londra – ma che, invece, nasconde un passato difficile.

Andrea Bosca

Alex (Andrea Bosca), infatti, l’ex fidanzato violento, facilmente irritabile e manesco, continua a tormentarla nella totale indifferenza delle istituzioni, costringendola a cambiare città per scappare da lui, dalle sue pressioni e minacce. La giovane decide così di lasciare la sua casa in Piemonte e trasferirsi nella vecchia abitazione della nonna a Ferrara. Riconosciamo le vie del centro storico e i suoi ciottoli, i campanelli dorati, la libreria che vende libri usati dove si trovano bellissime sorprese. Mentre la nostra Agata, imbottita di colorate pillole omeopatiche, si dirige all’edificio che ospita il call center dove lavora, senza alcuna prospettiva e inascoltata da clienti esasperati.

Chiara Sani

Cerca conforto nella collega di lavoro (Chiara Sani), invano.

Con lei tanti stereotipi: martellanti notiziari sui femminicidi, ma, soprattutto, la crescente presenza della mafia nigeriana in città, che fa di ogni immigrato in un parco un potenziale criminale. Notizie che, giorno dopo giorno, accrescono la sua ansia.

E poi c’è l’emarginazione. Quella dei tanti ragazzi immigrati del mondo di provincia che Anna Elena, ai tempi della scuola, vedeva seduti al parco, sempre con il cellulare in mano ad ascoltare musica. Si isolavano tramite la musica, era il loro modo per evadere dalla realtà e ricordare casa. Quell’emarginazione che è anche di Agata. Due mondi che si capiscono senza bisogno di parlare, la società, in fondo, non è un posto per loro.

Yahya Ceesay

Quando Alex riesce a scovarla nella nuova città dove si sentiva al sicuro, Agata crolla e durante un attacco di panico viene salvata da Nabil (Yahya Ceesay), un (realmente) richiedente asilo gambiano con cui instaura un tenero rapporto di amicizia, legato e saldato dalla musica appunto.

La donna, tuttavia, come altre vittime di violenza continua, ha sviluppato un disturbo post traumatico da stress (in Inghilterra o negli Stati Uniti si parla di Battered Woman Syndrome), che le impedisce di riconoscere la realtà e ragionare con lucidità. Così, non riesce a vedere in Nabil il suo amico o il suo principe azzurro, ma come l’occasione per risolvere tutti i suoi problemi…

Sensibilità femminile – con una maggioranza di donne nei capi reparto, dalla fotografia alla prodizione, dal montaggio alla scenografia, dai costumi al trucco – e black humour inglese per trattare una storia di una “vittima imperfetta” che non è più capace di vedere la realtà e agire in modo lucido e le conseguenze a lungo termine della violenza.

Il corto è stato realizzato grazie a una vasta collaborazione con il territorio del ferrarese – come sottolinea la stessa regista – che ha visto protagonisti anche la Scuola d’Arte Cinematografica Florestano Vancini per l’assistenza sul set e il coinvolgimento dei giovani attori, l’istituto Vergani-Navarra per il servizio di catering, la Città del Ragazzo, che ha messo a disposizione spazi e, last but not least, i ragazzi del Cosquillas Theatre methodology di Massimiliano Piva.

Le chiediamo come ha coinvolto la città, da cosa è partita.

“Massimiliano Piva è stato il mio insegnante di teatro al liceo”, ci dice.” È bravissimo, fa teatro sociale con gli immigrati e, una volta deciso di girare a Ferrara, l’ho contattato e si è dichiarato subito e disponibile. Lui mi ha presentato Yahya/Nabil, e altri ragazzi che sono comparsi nelle scene al parco e in altri momenti del corto, in breve, lui mi ha portato nel mondo di Yahia. Sarà bello rivedersi alla proiezione al Ferrara Film Festival il prossimo settembre, la première in Emilia-Romagna”. E noi ci saremo.

“Poi ho coinvolto la Scuola Florestano Vancini”, continua. “Da quelle aule sono arrivati assistenti sul set, un aiuto regia (Francesco Meatta), assistenti costumisti. Anche il turista e il cameriere del film sono studenti della Scuola. E poi il Vergani-Navarra per il catering”.

Una bella squadra, una città aperta, festante e coinvolta, come raramente avviene.

Ma Anna Elena non è solo Miss Agata. Storyteller, nell’animo, come ama definirsi, per la sua passione per la scrittura e le storie, dopo gli studi a Scarborough, nello Yorkshire, a Londra e Parigi (ha studiato recitazione e scrittura creativa, rispettivamente, alla Royal Academy of Dramatic Arts e all’International Institute of Performing Arts) e a Los Angeles (qui ha studiato Sketch Comedy alla The Groundling Theatre School), è coinvolta in numerose altre avventure.

Alla domanda se sia meglio Londra o Parigi e se abbia notato differenze nelle due scuole, inglese e francese, ci risponde apertamente: “ho fatto un percorso di studi chiamato European Act, che si svolgeva in parte a Londra, in parte a Parigi e Berlino. Il percorso era abbastanza omogeneo, le differenze le faceva l’insegnante, il performer. Va detto, piuttosto, che la Francia ha un approccio al cinema unico in Europa, il cinema è parte della cultura di ciascuno. Arrivo dal Festival di Clermont-Ferrand ed è incredibile vedere come anche un evento dedicato ai cortometraggi abbia le sale piene di pubblico; le persone comuni vanno a vedere i corti. La Francia ha un grande cultura cinematografica, ineguagliabile. Il mercato però è diverso: quello inglese ha un filo diretto con quello americano, se sei visto nel Regno Unito, sei visto negli Stati Uniti d’America”.

Ha esperienza pure di doppiaggio. “L’ho fatto a Roma per qualche tempo, ma essendo un’attività stanziale e io molto mobile, ho dovuto abbandonare. Adoro però giocare con la voce. Pensa che mio figlio di otto mesi si diverte con i giochi Fisher-Price che hanno la mia voce”. E qui ride di cuore. “Amo moltissimo giocare con la voce, la mia ha toni adatti a personaggi da teenager”. Nessuna inflessione dialettale, un tono caldo e amichevole.

Siamo ancora curiosi e le chiediamo come si vede, se più attrice o scrittrice.

“Amavo fare l’attrice fin da piccola”, ci dice, “il teatro è stata la prima esperienza per me, anche perché è più semplice da fare, pure in provincia. Per il cinema servono altre strutture, più importanti, e ho potuto farlo solo dopo l’accademia anche se, in realtà, il primo film che ho interpretato è stato ai tempi del liceo, Ciao America, dove facevo l’amichetta di Violante Placido, una piccola parte”.

“Il teatro, poi, è un’esperienza mistica”, continua “sei tu e il pubblico. Con il cinema porti lo spettatore nel tuo mondo ma è sempre il regista a guidare. È un mondo filtrato dove l’attore ha meno potere. Devo dire, però, che nel mio percorso sono sempre stata esposta ad attori-autori, un mondo dove erano abbattute le barriere per cui un attore è solo un attore e un autore solo un autore. Nel Regno Unito l’autore ha più potere, per questo l’ho scelto, il teatro qui è più di scrittura che di regia, a differenza dell’Italia. Ad essere sincera, credo di aver creato un mondo mio. Ho scritto Miss Agata per far capire chi sono come autrice, ho, in effetti, una forte vena autoriale. Un po’ come avviene in Quasi Amici, mia grande fonte di ispirazione, credo nel potere di un atteggiamento irriverente sulle cose importanti, nella necessità di aprire il cuore alle persone non con il drammone ma facendole sorridere”.

Abbiamo visto anche altri suoi film. Oltre alla piccola parte in Un viaggio di cento anni, di Pupi Avati, girato per Rai 1 in occasione dell’Expo 2015 (consigliato per gli interessanti documenti storici d’archivio), ci ha molto divertiti in Totò e Daiana, una mini-serie nata come una sketch comedy che ha vinto un festival al quale era presente un distributore di Amazon. “Gli sono piaciuti i due episodi ed ecco che le vicende della goffa parrucchiera ferrarese a Londra sbarcano su Amazon Prime. Chi se lo poteva immaginare… La serie creata, scritta e diretta da Marco Gambino continuerà. Vogliamo fare altri episodi, appena i nostri impegni ce lo permetteranno. Pensa che i tifosi della curva ovest della Spal”, continua (Daiana a Londra urla ‘forza Spal!’), “mi hanno invitata a presentare come Daiana il loro libro, sono andata, avevo appena partorito…”. PS: sbarcato a Bilbao, a ottobre 2022, a SERIESLAND 8. Inarrestabile.

A Bilbao

È stata diretta, tra gli altri, da Daniel Percival nella serie tv Leonardo, da Barbara Eder nella serie tv internazionale Concordia, da Richard Blanshard, nel cortometraggio I Love You, e da Johan Nijenhuis, nel film The Tuscan Wedding.

Il suo vero progetto futuro? “Dare un messaggio di speranza alle donne creatrici, per cambiare la narrativa di un mondo che va riscritto”, ci sottolinea. “Oggi fa ancora notizia la violenza, gli episodi eclatanti ma non il dolore del trauma, quello che resta e si trascina. Quello che fa vivere nella paura e crea difficoltà a mantenersi un lavoro o ad avere una vita sociale serena e attiva. Serve maggiore consapevolezza, si parli più della salute mentale, in Italia non se ne parla abbastanza perché non è argomento sensazionalista. Negli Stati Uniti il tema del disturbo da stress post traumatico è più sentito ed esplorato per via dei veterani di guerra: vi è particolare attenzione e una letteratura che si è sviluppata. Da noi, se ne accenna, ma non è considerato quasi mai come un abuso. Il tema è ancora tabù”, conclude.

Grazie a Miss Agata ci aspettiamo che se ne parli di più. Speriamo. Ce ne è bisogno.

Immagini Gargiulo&Polici Communication

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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