Skip to main content

Aiuto! Non c’è più acqua pulita! Non c’è più acqua dolce! La crescita della industrializzazione e della popolazione le sta distruggendo. Cresce la domanda di acqua, ma diminuisce l’acqua pulita per colpa dell’inquinamento degli ecosistemi e la riduzione degli acquiferi di acqua fossile. Abbiamo alterato i flussi naturali dei fiumi. Purtroppo spesso restiamo indifferenti a questo grido dall’allarme e non comprendiamo bene che la vera sfida futura è la capacità che avremo di gestire gli ecosistemi necessari per il benessere umano.
L’agricoltura è la maggiore utilizzatrice di acqua, ma non si devono dimenticare la produzione industriale e in modo inferiore l’uso domestico. L’agricoltura è infatti la principale responsabile dei cambiamenti nei cicli ecologici e idrologici. Più di un terzo delle terre coltivate italiane si trova in quattro regioni: Emilia-Romagna, Lombardia, Sicilia e Puglia. Nella pianura padana si utilizzano quasi venti miliardi di metri cubi ogni anno (circa la metà della portata annua del Po) per coltivare mais, frumento, riso, orzo, avena, pomodoro e zucchero.
L’inquinamento è diventato un fattore critico ambientale nel bacino padano in cui forti rilasci di fosforo prima e contaminazione di nitrati poi hanno influenzato la qualità delle acque interne. Nei tempi attuali le colpe principali vanno ai pesticidi, agli idrocarburi aromatici, ai metalli pesanti.
“Nella sua pubblicazione più significativa, la serie dei “Living Planet Report”, il Wwf sottolinea come l’impronta ecologica dell’umanità stia ormai eccedendo la biocapacità del pianeta. La domanda esercitata dall’umanità sulle risorse del pianeta è più che raddoppiata negli ultimi 50 anni come risultato della crescita della popolazione e del consumo di beni e servizi.” Lo spiega il Wwf nel suo recente testo dal titolo “L’impronta idrica dell’Italia”. L’impronta idrica totale della produzione in Italia ammonta a circa 70 miliardi di m3 di acqua l’anno. Ciò equivale a 3.353 litri pro capite al giorno.
La Direttiva Quadro sulle Acque (Direttiva 2000/60/Ce) tra le tante considerazioni ci chiede la Riduzione dell’inquinamento, la prevenzione di un ulteriore deterioramento ed un miglioramento dello stato degli ecosistemi acquatici e terrestri e delle aree umide per quanto riguarda i loro bisogni idrici, ma ci chiede anche di svolgere un’analisi economica degli usi idrici all’interno di ciascun Distretto Idrografico.
Questa analisi permette di attuare una valutazione scientifica della Sostenibilità economica delle misure per il raggiungimento degli obiettivi ambientali per ciascun corpo idrico.
Da un punto di vista legislativo, i tre livelli di pianificazione (Piano di Gestione del Bacino Idrografico, Piani Regionali di Tutela delle Acque e Piani Territoriali Ottimali) richiedono forti interconnessioni: i principali componenti dei Piani Territoriali Ottimali, gli interventi programmati, sono alla base dei Piani Regionali e conseguentemente dei Piani di Gestione; pertanto i Piani Territoriali Ottimali devono essere coordinati così da permettere il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale definiti dai Piani di Gestione.
Questo per me è il vero ciclo idrico integrato. Conoscenza, responsabilità e scelte consapevoli; questi sono i valori che il professor Stefano Zamagni ci propone. Io aggiungo che la cultura, intesa come sinergia fra cultura tecnologica e cultura umanistica, gioca un ruolo determinante nel progettare e nel pianificare il percorso di “erogatori responsabili” di servizi di pubblica utilità e di comunicatori impegnati nel campo della comunicazione ambientale e di impresa. La sfida del futuro si gioca sia sul piano economico che su quello sociale. La qualità ambientale è un diritto fondamentale dei cittadini per raggiungere quel benessere che si ottiene rafforzando gli strumenti della qualità della vita.

tag:

Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it