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Mi è difficile tentare di spiegare cosa sia, per me, la rivoluzione che stiamo vivendo e che la maggioranza di noi non comprende minimamente. Ammesso ovviamente che io ne abbia un poco decodificato lo spirito o almeno ne intuisca vagamente qualcosa. Fatto è, che siamo di fronte a un’autentica rivoluzione che non è solo tecnologica ma anche biologica, antropologica e sociale; siamo di fronte ai primi vagiti di un mondo completamente nuovo. Si badi bene: non al suo concepimento che risale a molti anni fa ma proprio ai suoi primi passi – ancora insicuri – ma dall’incedere dei quali si intravvede già il mondo che verrà o, meglio, il mondo che potrà essere.
Allora proviamo a fare insieme un piccolo esperimento anche se la cosa mi costringe, mio malgrado, a pubblicizzare uno specifico prodotto. Mentre leggete andate sul sito DeepL (https://www.deepl.com/home) datevi 10 secondi per vedere la home page e poi scegliete l’opzione “traduci ora” che vi porterà sulla finestra di lavoro. Ora selezionate l’articolo che state leggendo e copiatelo nell’apposito spazio, scegliete quindi la lingua nella quale lo volete tradurre. In pochi secondi avrete una traduzione che se non è perfetta è sicuramente estremamente verosimile, forse un pò messa in crisi dal mio periodare che in verità mi sembra sempre un poco strano e contorto.
Bene, Adesso poniamoci alcune domande, partendo però dal presupposto che la tecnologia utilizzata per la traduzione appena vista, basata sull’intelligenza artificiale, è appena agli inizi e sta rapidamente migliorando insieme al migliorare delle performance delle macchine (hardware) che la supportano.
Come impatta questa applicazione sul lavoro di milioni di persone che si guadagnano da vivere facendo traduzioni? Per ora si dirà, poco, ma pensate in prospettiva. Come consumatore ho uno strumento che mi consente di tradurre istantaneamente qualsiasi documento scritto in qualsiasi lingua in un’altra lingua. Non ho più bisogno di traduttori umani, non ho più bisogno di imparare una lingua per obbligo; ora semmai posso farlo per piacere, perché mi gratifica e mi piace. Moltiplicate questo per cento, per mille, per un milione, per un miliardo, quanti potrebbero essere gli utenti potenziali di questo servizio, Alla fine, quanti posti di lavoro di traduttori, insegnanti di lingue ed attività connesse, saranno andati persi quando la tecnologia – in pochi anni – sarà arrivata a maturazione, magari aggiungendo alla traduzione del testo scritto quella verbale?
Sembra incredibile ma questo fantastico strumento è gratuito, come avete avuto modo di vedere. Possibile che una simile cosa sia data in uso gratuito? Ma allora da cosa guadagnano quelli che lo hanno costruito?. Dalla versione Premium certo (a pagamento) o da qualcos’altro che sia stato definito dal modello di business aziendale che non occorre indagare ulteriormente. Ma c’è una cosa particolarmente importante che anche noi diamo gratuitamente: i metadati connessi al nostro uso della piattaforma e l’informazione che immettiamo nel sistema (i pezzi da tradurre), che – per così dire – sono il cibo che lo rende sempre più “intelligente”. E tutto questo è possibile grazie ad una gigantesca infrastruttura fatta di computer, cavi, modem di trasmissione (etc.) che ormai nessun essere umano è in grado di afferrare nella sua completezza e totalità. E funziona grazie all’uso di una gigantesca quantità di energia necessaria a far funzionare le macchine e a trasmettere ed elaborare l’informazione.
Proseguiamo con l’analisi di questo caso banale. L’attività di traduzione è altamente complessa, richiede a noi umani anni di preparazione, allenamento costante, abilità, impegno e per chi non vi è proprio portato, sacrificio. Eppure la “macchina”, anzi il grande sistema digitale interconnesso, è già in grado di sostituirla decentemente per ora, perfettamente tra un pò di tempo. Un grande passo avanti da quando 22 anni fa il computer Deep Blue batteva per la prima volta un uomo giocando a scacchi, il campione mondiale Kasparov.
Provate ora a pensare a quali altre attività o lavori potrebbero essere digitalizzate e automatizzate; non siate taccagni, (quasi) qualsiasi cosa riusciate a pensare tra poco la tecnologia riuscirà a replicarla (ok, sto un pò provocando lo ammetto). L’avvocato? niente di più facile. Il notaio ancora più facile. La gestione contabile? Elementare. Diagnosi mediche? Davvero nulla di più facile. Quanti milioni di posti di lavoro saranno resi obsoleti e sostituiti da questo sviluppo?
Fantastico, ma forse abbiamo un problema. Se la struttura sociale, le istituzioni e il nostro modo di pensare resta quello attuale, dobbiamo inventare nuovi lavori (che non siano già automatizzati) e sperare che qualcuno li paghi altrimenti siamo messi male. Oppure dobbiamo iniziare a sognare e ritenere che da ora in avanti il lavoro diventerà pura creatività applicata, relazione amorevole, esplorazione spirituale, perché a manipolare materia ed informazione per produrre tutto quel che serve basta il mega sistema assistito da “poche” persone. Ma questo richiede giocoforza una radicale trasformazione sociale, istituzionale e nel modo di pensare. E’ uno scenario infernale o uno scenario paradisiaco? Il ritorno all’Eden prima della caduta o il precipitarsi verso il caos? Non si sa.
Che dire? Semplice no? La realtà del mondo nascente si manifesta in tante piccole cose sulle quali non riflettiamo affatto; ce l’abbiamo proprio sotto gli occhi, troppo vicina e quotidiana ed è proprio per questo che ci sfugge, che non riusciamo a vederla.
E c’è da scommetterci: se rileggeremo queste righe tra un anno sembrerà già qualcosa di irrimediabilmente datato, un reperto di archeologia del pensiero. Provare per credere.

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Bruno Vigilio Turra

È sociologo laureato a Trento. Per lavoro e per passione è consulente strategico e valutatore di piani, programmi e progetti; è stato partner di imprese di ricerca e consulenza e segretario della Associazione italiana di valutazione. A Bolzano ha avuto la fortuna di sviluppare il primo progetto di miglioramento organizzativo di una Procura della Repubblica in Italia. Attualmente libero professionista è particolarmente interessato alle dinamiche di apprendimento, all’innovazione sociale, alle nuove tecnologie e al loro impatto sulla società. Lavora in tutta Italia e per scelta vive tra Ferrara e le Dolomiti trentine.

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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