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Quando ci si avvicinava al Natale, fuori dai negozi dei salumieri e dei macellai, appese a uno spago e legate di fianco all’ingresso della bottega, le vesciche di maiale, gonfiate, sballonzolavano al vento, servivano ad attirare i clienti, palloncini tondi o bislunghi. Soltanto più tardi, quando seppi che cos’erano e che erano state fino a quel momento nella pancia grassa della povera bestia, cominciai ad averne non proprio schifo ma qualcosa di simile.

La democrazia italiana è una vescica sgonfia, non ballonzola con la prima aria che tira e la gente non vuole più saperne di essere presa in giro dai grossi ventri che circolano nei due rami del Parlamento. Circolano e parlano senza nemmeno sapere la nostra – e purtroppo la loro – lingua: non tutti per carità, ma sono tanti i signori che abbiamo mandato a Roma i quali proprio non conoscono l’italiano, le doppie nella loro bocca prendono strane strade ed escono come va-va.

Le amministrative in Sicilia dovevano essere la prova generale delle elezioni politiche. Ebbene abbiamo avuto una risposta precisa, secca, inequivocabile: nemmeno il 50% degli elettori si è recato alle urne e in una democrazia matura e intelligente un simile risultato non sarebbe preso in considerazione. In effetti le elezioni siciliane non ci sono state, scusate il disturbo, torniamo più avanti. Il candidato, chiunque egli sia, è stato convinto che i vecchi abusati ideali non esistono più, sono ormai dimenticati, non sono nemmeno il fiato che un tempo gonfiava le vesciche di maiale. Questa convinzione, non so se abbiamo capito, è l’unica, vera ideologia politica italiana: la filosofia del disastro. Ci siamo finalmente arrivati. Al disastro, dico, con buona pace dei ducetti che dirigono la nostra vita, i quali non sono nemmeno più buoni da essere appesi davanti alle vetrine delle norcinerie. Vesciche vuote, come quelle che Astolfo vede sulla Luna.

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Gian Pietro Testa


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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