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Una continua fluttuazione di stato, fra giovinezza e vecchiaia, autonomia e inettitudine, dovere e bisogno. E quattro giovani attori a rappresentare i personaggi che si inseguono sul palco, vestendo idealmente i panni ora degli uni, ora degli altri, in un continuo carnevale di emozioni, vivendo e trasferendo al pubblico la costante tenerezza che si genera – e talora sconfina in tensione – fra il bisognoso, non sempre consapevole del proprio stato (o disponibile ad accettarlo), e il soccorritore che presta assistenza e talvolta, per frustrazione e sconforto, si intristisce o va in collera.
In platea si ride, si sorride e si riflette.

E’ uno spaccato di vita quotidiana quella messa in scena al teatro Off di Ferrara, un’opera che affronta il delicato tema della vecchiaia, della perdita di autonomia e della conseguente necessità di accudimento che genera tensioni emotive fra chi avverte il dovere di prestare aiuto e colui che talvolta, per inconsapevolezza o rifiuto della propria condizione, quel soccorso respinge. Fra il pubblico, con un sorriso velato di malinconia, si assiste alla perdita di coscienza dell’anziano e alla perdita di pazienza del giovane.

Ma i ruoli si scambiano di continuo sul palco, fra gli interpreti, e si ribaltano le situazioni, con l’anziano che rinsavisce e il giovane che repentinamente invecchia, a emulare l’imprevedibilità della vita, il continuo ribaltamento di stati a cui ciascuno è esposto e dunque a sottolineare anche l’instabilità – oltre alla caducità – del nostro essere e insieme la fragilità della vita.

E’ stata davvero convincente la prima messa in scena di “Futuro anteriore”, opera prodotta dal Teatro Off di Ferrara, con il sostegno del Mibac e Siae, che ha debuttato ieri sera nello spazio-laboratorio al baluardo del montagnone e che ha già fatto il tutto esaurito anche per le due repliche odierne.

Merita però attenzione questa proposta. Il tema, delicato, è affrontato con una garbata ironia che non urta la sensibilità, ma anzi la amplifica, poiché in questo sarabanda di ruoli interscambiabili e di situazioni continuamente incerte e mutevoli, lo spettatore viene coinvolto e avviluppato senza la possibilità di identificarsi in una specifica figura, ma, anzi, indotto a calarsi nei panni di ogni personaggio.
Il copione riproduce precarietà e alternanza di stati assumendoli come peculiarità proprie della vita, che non garantisce certezza ad alcuno e che ci rende oggi re e un attimo dopo schiavi, ora felici e domani affranti, ieri migranti e adesso signori…

Bravi e convincenti Matilde Buzzoni, Antonio De Nitto, Gloria Giacopini, Matilde Vigna guidati dal regista Giulio Costa che ha lavorato su un testo originale di Margherita Mauro. Con la loro recita hanno saputo significare e sottolineare la caducità della nostra umana condizione, alludendo al destino incerto che ognuno deve affrontare. Abili e convincenti nel passare a scena aperta, nel tempo di una battuta, e in una sorta di recita a soggetto, a interpretare contrapposte situazioni sempre ben caratterizzate nei toni, nei gesti, nella mimica peculiare delle figure evocate (figli e genitori, individui autonomi e soggetti non autosufficienti), rendendo credibili i propri personaggi. Il pubblico ha più volte sottolineato il proprio apprezzamento, durante e al termine della recita.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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