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da: ufficio stampa Comune di Comacchio

A seguito delle diverse prese di posizione di esponenti politici locali e regionali sui temi oggetto di discussione nell’ultima seduta del Consiglio Comunale, che ha visto l’abbandono dell’aula da parte dell’opposizione, interviene il Sindaco Marco Fabbri. Sulle ragioni della scelta di procedere con una sola seduta, “preme sottolineare come un consiglio abbia dei costi fissi – precisa il Sindaco-, che variano da 700 a mille euro. Ci sono circostanze nelle quali non è possibile evitare sedute ravvicinate, ma in questo caso non aveva proprio senso. Si sarebbero dovuti convocare due consigli a distanza di un giorno, il primo sugli spostamenti di Palazzo Bellini e il secondo sui tre punti già oggetto di rinvio, proprio su richiesta dell’opposizione nel corso del consiglio del 25/8 us. Il tempo c’era e si sarebbe potuto discutere anche fino a tarda notte così come si è verificato nelle precedenti amministrazioni”. Sulle accuse di scarsa cultura politica e di mancato rispetto verso la minoranza, il Sindaco rileva che “l’opposizione si scopre ora paladina della cultura e dell’istruzione. Peccato che durante il consiglio comunale dedicato al nascente museo del territorio e durante le commissioni alcuni consiglieri fossero assenti o fossero usciti dall’aula, proprio durante la presentazione di tale punto. Di rado esponenti della minoranza su sono fatti vedere ad aperture di rassegne ed eventi culturali, assenza del resto registrata anche oggi all’inaugurazione della mostra dedicata al grande Nicola Sebastio, che ha lasciato il segno nella nostra comunità. Benchè l’inaugurazione cadesse in un giorno prefestivo, non si sono visti consiglieri comunali di opposizione. Non dimentichiamo che Sebastio ha donato una collezione delle proprie opere al Comune di Comacchio dieci anni fa.” Fabbri inoltre compie alcune precisazioni intorno all’accusa che si voglia procedere alla cementificazione di 190 ettari sulla costa. “Non corrisponde al vero l’affermazione secondo la quale il piano di stazione del Parco abbia conferito una nuova edificabilità di 190 ettari, né tanto meno vanno in questa direzione le delibere approvate dal consiglio l’11 settembre u.s. Al contrario semmai – commenta il Sindaco -, il saldo per chi vuole ampliare strutture ricettive o realizzarne di nuove dovrà essere pari a zero, ovvero dovranno essere utilizzate volumetrie “spostandole” ove necessario. Semplificando: chi vuole ampliare il proprio campeggio, dovrà utilizzare volumi previsti in altre aree (es. residenziale, produttivo..).” Infine il Sindaco Fabbri torna sulla decisione della minoranza di abbandonare l’aula. “L’uscita dall’aula dei consiglieri di opposizione è la dimostrazione di come la questione Palazzo Bellini sia stata una battaglia costruita su congetture strumentali – commenta il Sindaco -, buttando fumo negli occhi ai cittadini comacchiesi. E’ vero, tanti sono stati i sottoscrittori, ma tanti altrettanto sono stati quelli che mi hanno fermato per strada, anche dopo il consiglio comunale, dicendomi che avevano aderito alla petizione sulla base di falsi presupposti, poi in realtà chiariti nella seduta. Nel momento in cui non si hanno contenuti meglio uscire e cercare pretestuosamente motivazioni di metodo. Perché non discutere portando avanti le proprie ragioni piuttosto che uscire alla fine in segno di protesta?” In merito alla nota stampa di Gabriella Meo, consigliera regionale dei Verdi, il primo cittadino sottolinea che “elenca progetti non più attuali e riferiti a precedenti amministrazioni, segno che non conosce quello che si sta discutendo a Comacchio. Al pari di tutti i gruppi consiliari regionali farebbe bene a pensare alle “spese pazze” della Regione, essendo anche il suo gruppo coinvolto nella vicenda. A proposito -conclude il Sindaco- dove si trovava la consigliera Meo, mentre qui si costruivano palazzi e villette realizzando il vero consumo di suolo che è sotto gli occhi di tutti?

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COMUNE DI COMACCHIO


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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