Skip to main content

Sarà il 150° ma mi sembra ci sia una maggiore attenzione della stampa alla ricorrenza del 20 Settembre 1870: fine del potere temporale dei Papi e del regno più antico d’Europa. Festa nazionale fino al 1930, è sostituita dalla festa per i Patti lateranensi l’11 febbraio, ora solo una celebrazione civile. Il 20 settembre non è nulla. Forse meglio così.

Mi è piaciuta la scelta di Radio 3. Ha affidato allo storico Vittorio Vidotto il racconto della cronaca della giornata a partire dalle 6 del mattino fino alla tarda serata, con aggiornamenti nei diversi orari.

Tra i tanti articoli, speciali e supplementi segnalo due interventi di padre Sale su la Civiltà cattolica. In essi tratta la fine del potere temporale dei papi e la festa, poi abolita, della presa di Roma. Fino all’ultimo il Papa appare convinto che l’occupazione di Roma non ci sarà. La caduta del regno pontificio, l’umiliazione del Papa ha un impatto durevole nella coscienza dei cattolici osservanti. La situazione è sanata solo con il Concordato del 1929. La festa, nella data non casuale dell’11 febbraio, sostituisce quella del 20 Settembre proclamata da Francesco Crispi nel 1895.

Vi sono osservazioni interessanti sull’uso politico delle festività civili/religiose nel tempo. L’abolizione delle due “opposte” feste del 20 settembre e dell’11 febbraio riaffermerebbe il carattere laico dello Stato. Aggiungo solo che mantengo un’idea della laicità un po’ più ampia.

Proprio la permanenza del Concordato, pur con i correttivi apportati, resta un ostacolo alla miglior convivenza di aderenti a religioni diverse o a nessuna. Del resto l’omaggio della Chiesa al Duce, nell’occasione proclamato “Uomo della Provvidenza”, ci dice molto del legame tra regimi autoritari. Un legame ancor oggi letale in Europa e fuori. La data voluta per la firma l’11 febbraio è la stessa dell’apparizione a Lourdes. Nel 1858 la Madonna in persona conferma “Io sono l’Immacolata Concezione”, il dogma da Pio IX proclamato l’8 dicembre 1854.

Il 25 marzo del 1861 Cavour ricorda che senza Roma capitale l’Italia non si può costituire e la Camera impegna il Governo a riunire Roma al resto del Paese. Cavour muore il 6 giugno e tempestivamente la Civiltà Cattolica si rallegra della scomparsa dell’artefice massimo della sventura d’Italia: “egli stava per istendere la mano a quella Città fatale… Ed ecco che quella mano già da un mese è inaridita!”. Il Papa dal canto suo si prepara ai tempi nuovi con l’enciclica Quanta cura e il Sillabo contro tutto il progresso umano e la libertà di coscienza (1864), e facendosi proclamare infallibile dal Concilio Vaticano il 18 luglio 1870. Deve avere anche fatto almeno un miracolo visto che è stato beatificato da Giovanni Paolo II.

In una cosa certamente si sbagliavano, reazionari e democratici: a proposito del potere della scuola per l’emancipazione della popolazione, dai primi temuta e dai secondi auspicata. Pio IX scrive a Vittorio Emanuele II, 3 gennaio 1870, “per pregarla a fare tutto quello che può affine di allontanare un altro flagello, e cioè una legge progettata, per quanto si dice, relativa alla istruzione obbligatoria. Questa legge parmi ordinata ad abbattere totalmente le scuole cattoliche e soprattutto i Seminari. Oh quanto è fiera la guerra che si fa alla Religione di Gesù Cristo! Spero dunque che la V. M. farà sì che in questa parte almeno, la Chiesa sia risparmiata. Faccia quello che può, Maestà, e vedrà che Iddio avrà pietà di Lei. Vi abbraccio nel Signore”.

Allora l’analfabetismo in Italia sfiorava l’80%. Ora è debellato. A tutti la scuola insegna a leggere, scrivere, fare di conto. Tuttavia, secondo ricerche internazionali, solo il 20% della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti indispensabili per orientarsi con efficacia e in modo autonomo nella vita di tutti i giorni. Il restante 80% se sa leggere e scrivere lo fa con difficoltà e solo per brevi elaborati, ha difficoltà nell’analisi di un grafico o addirittura non sa fare niente di tutto ciò. Lo constatiamo quotidianamente. Masse adoranti, composte non solo di analfabeti funzionali, seguono le peregrinazioni elettorali della coppia Giorgia e Matteo, come, nella mia giovinezza, quelle della Madonna pellegrina. Il confronto me le fa quasi rimpiangere.

La scuola pubblica non ha imparato la lezione di una pluriclasse condotta dal prete Lorenzo Milani.

So che il tema della laicità è proposto da ristrette minoranze e che la struttura dei rapporti con la Chiesa resta quello fissato dal fascismo. Quindi occorre insistere. Ma se c’è un elemento che caratterizza questo tempo è l’incremento della diseguaglianza, mentre ci sarebbero i mezzi per assicurare esistenza libera e dignitosa, sempre più largamente. Invece non si fa la guerra alla povertà, ma ai poveri. A denunciarlo con forza, a indicarne le cause, a prospettare vie d’uscita non vedo esponenti politici particolarmente impegnati. Il fallimento dell’esperienza “comunista” ne ha visto la maggior parte ripetere come un mantra TINA (There is no alternative). L’ordoliberismo è accolto con entusiasmo o rassegnazione. Dopo Abolire la miseria di Ernesto Rossi non ho visto avanzare alcuna proposta seria al riguardo. Contro la società dello scarto si alza invece la voce di Papa Francesco, che non rimanda al giudizio universale l’esigenza di giustizia e libertà.

Con questi pensieri, anche quest’anno, sono andato alla collocazione della corona d’alloro alla lapide che a Ferrara ricorda la data. Da anni la promuove Mario Zamorani. È un’occasione per incontrare persone care. C’è pure mia figlia. Sento, non solo io, l’immenso vuoto lasciato dal carissimo Davide Mantovani, storico del Risorgimento e compagno dai banchi del Liceo. Sento pure la sua sottile presenza. L’amico Luigi Pepe conclude, con parole che condivido, un breve e incisivo scritto per la ricorrenza Porta Pia 150 anni dopo. “Oggi, dopo il Concilio Vaticano II – con questa Civiltà cattolica e con questo Papa, aggiungo io – sembra essere venuto il momento della condivisione di obiettivi comuni di pace e di amicizia, tra persone di diverse fedi e posizioni politiche. Non lasciamoci sopraffare dalle nuove istanze autoritarie che vogliono dividerci per dominarci. Non prevalebunt”. We are the 99%, siamo il 99%, siamone consapevoli.

Questo articolo è apparso con altro titolo anche sull’edizione in rete della storica rivista del Movimento Nonviolento [www.azionenonviolenta.it]

Cover: Breccia di Porta Pia, 20 settembre 1870 (Wikipedia Commomns)

tag:

Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà presidente nazionale dal 1996 al 2010, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali – argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni – e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it