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Da: Antonio Ferrucci, Unione Sindacale di Base scuola Ferrara

Caro Bonaccini, la facciamo finita con il gioco delle tre carte?
L’Italia è un paese in cui i politici, e non solo, possono fare dichiarazioni pubbliche di senso opposto un giorno sì e uno no senza rischiare una diagnosi di schizofrenia. Basta guardare a quello che succede con la scuola: Azzolina prima impone la didattica a distanza (Dad) decantandone le lodi, la finanzia lautamente e poi ne dichiara il fallimento; Bonaccini sostiene di aver operato in modo che la regione da lui governata fosse pronta a far ripartire le lezioni delle scuole secondarie di secondo grado in presenza al 100% per poi il giorno dopo emettere un’ordinanza che sospendeva tutto al 100%.

Intanto, tra una dichiarazione e l’altra, la realtà resta lì. A settembre le scuole hanno riaperto i battenti nelle stesse identiche condizioni in cui si trovavano prima della pandemia: organico docente e ATA invariato e quindi aule sovraffollate, mezzi pubblici insufficienti, nessun investimento serio e strutturale nell’edilizia scolastica salvo l’impresa milionaria dei locali della Fiera di Bologna nei quali far lezione era pressoché impossibile. I banchi monoposto e il “metro statico tra le rime buccali” (leggasi 50 cm tra gomito e gomito) gli unici accorgimenti pensati da lorsignori e che avrebbero dovuto garantire a studenti e personale scolastico di evitare il contagio. Per non parlare della scarsa qualità delle mascherine chirurgiche prodotte da FCA e Luxottica, perché le FFP2 si sono viste col binocolo in qualche scuola e solo per una parte del personale docente.
Ovviamente in autunno gli eventi sono precipitati in ogni regione del Paese anche perché il protocollo sanitario della AUSL, a fronte di uno studente positivo, fermava le lezioni in presenza degli studenti mentre i docenti continuavano a recarsi a scuola. E così, appena il virus ha ripreso a diffondersi, mentre il Ministero dell’Istruzione continuava a diramare messaggi rassicuranti – “La scuola è il posto più sicuro!”, diceva la ministra – il sistema di tracciamento non ha retto l’elevato numero dei contagi ed è saltato dentro e fuori dalle scuole.

Oggi, infine, dopo due mesi di didattica a distanza quasi totale, arriva la notizia che il Tar ha sospeso l’ordinanza che imponeva la didattica a distanza fino al 25 gennaio pertanto da lunedì prossimo 18 gennaio gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado dovrebbero tornare in classi alternate in funzione delle percentuali al 50%. Bonaccini probabilmente spera che a breve l’Emilia Romagna venga dichiarata zona rossa, e in questo modo lo scaricabarile delle responsabilità politiche continuerebbe inarrestabile, come lo squallido teatrino che oscilla tra la retorica difesa di un diritto allo studio, che non viene garantito a nessuno da quasi un anno, e la infamante campagna dissacratoria verso il corpo docente che, nel frattempo, regge da mesi una condizione di didattica in presenza stoica nelle scuole primarie, dell’infanzia e della secondaria di primo grado e didattica a distanza non meno faticosa e alienante, e costosa da ogni punto di vista (il docente paga da sé la propria connessione e spesso è precario, dato il blocco dei concorsi, non usufruisce di carta docenti e in caso di supplenze brevi o Covid non percepisce lo stipendio ogni mese.)

Ci chiediamo quando i governatori regionali e il governo di questo Paese si prenderanno le proprie responsabilità a fronte di un quadro che ogni giorno di più diventa allarmante per i contagi e per la salute di tutti, fisica e psicologica. Che fine ha fatto e cosa ha predisposto il “Tavolo regionale operativo per l’organizzazione dell’avvio dell’anno scolastico 2020/21” dell’Emilia Romagna in cui siede la vicepresidente e assessore al welfare della nostra regione Elly Schlein? Perché forse è ora di fare un bilancio con l’operato di questo Tavolo regionale e smetterla di prendersela con i sindaci, i dirigenti scolastici, il personale della scuola, gli studenti e i giovani in genere.

Per noi, la scuola può essere solo in presenza e in sicurezza, e perché ciò accada occorrono: aumento dei trasporti pubblici, sistema di tracciamento efficiente, sistema di tamponi di massa, screening, aumento degli organici e adeguamento degli spazi per permettere classi con un numero inferiore di alunni, stabilizzazione di tutto il personale docente e ATA su tutto l’organico di fatto.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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