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Oggi è il 27 maggio 2021 ed è morta Carla Fracci, la più grande Prima Ballerina Etoile che il Teatro Alla Scala di Milano abbia mai avuto. Aveva ottantaquattro anni. Addio a un mito assoluto della mia infanzia. A una ballerina straordinaria.
Carlina, come la chiamava suo padre, aveva i nonni a Volongo, un piccolo paese della pianura Padana, non lontanissimo da Pontalba.

Arriva Valeria di corsa e irrompe nello studio dove sto lavorando.
“Zia Costanza! È morta Carla Fracci” dice. Sa che questa è per me una notizia significativa. Nutro per questa grande artista un’ammirazione che è durata una vita e che non si prosciugherà mai, continuerà ad alimentarsi grazie alle riprese dei suoi straordinari balletti.
E’ stata la più grande danzatrice di questo secolo. Sono sue alcune dei più conosciute e famose interpretazioni di ruoli romantici e drammatici, come Giselle, La Sylphide, Giulietta, Swanilda, Francesca da Rimini, Medea. Ha danzato con i più bravi ballerini del mondo: Rudolf Nureyev, Vladimir Vasiliev, Henning Kronstam, Mikhail Baryshnikov, Marinel Stefanescu, Alexander Godunov, Erik Bruhn, Gheorghe Iancu, Roberto Bolle.

La danza classica è molto impegnativa presuppone carattere, tenacia, allenamento costante, una dedizione assoluta, il controllo continuo del peso e della mobilità articolare.
Uno dei banchi di prova delle ballerine professioniste è costituito dai “fouettés en tournant”.
Si tratta di giri in punta su una gamba di perno mentre quella di lato funziona da frusta (45° alla seconda e passé con rond).
“ Zia mi senti, a cosa stai pensando?” chiede Valeria.
“Stavo pensando a quando Carla Fracci era giovane  e ballava Cenerentola”.
“Doveva essere molto brava”.
“Non solo era molto brava, era straordinaria.” le dico e lei piega la testa in segno d’assenso.

“Ma le hai ancora le scarpe di raso rosa con la punta di legno?”
“Non è legno, è gesso!” dico.
“Va beh, non fa molta differenza. Mi sono chiesta spesso perché le ballerine si rovinano i piedi con quelle scarpe tremende. Fanno male ai piedi solo a guardarle”.
“Per essere leggiadre e leggere come tante farfalle in primavera”.
“Ok ok” dice Valeria anche se continua a chiedersi come mai quelle punte di gesso possano davvero fare la differenza.
Recentemente è stato brevettato un nuovo tipo di punte. I componenti di supporto sono costruiti con materiali elastomerici infrangibili. Le punte da ballo sono rivestite una schiuma cellulare di uretano, lo stesso tipo di materiali che si trova nelle migliori calzature sportive. A differenza delle altre, le scarpe con questo particolare tipo di punta non si deformano né si deteriorano, durano cinque  volte in più delle tradizionali e possono essere lavate in lavatrice. Bel passo avanti davvero.

Ripenso a Carla Fracci e provo a visualizzare mentalmente alcune sue performance. Ma cosa era che la rendeva davvero così unica? Sicuramente una tecnica perfetta, ma anche una grande espressività, una capacità importante di “entrare nella parte”, di immedesimarsi nei sentimenti della protagonista dell’opera. Se uno guarda Cenerentola ballata dalla Fracci, non si vede Carla Fracci che balla, ma si vede Cenerentola. Una Cenerentola in carne ed ossa che ti trascina nel suo mondo fatto di sofferenza, di sorprese inaspettate e di un lieto fine così travolgente da far sognare tutte le bambine/adolescenti/donne che la guardano. Una eleganza intramontabile, una gestualità morbida e armoniosa che non lascia assolutamente niente al caso.  Una Cenerentola che si muove leggerissima ed elegante e che sfiora la terra volteggiando con il suo  principe in una favola che sa d’eternità. Carla Fracci è riuscita a fare questo, è riuscita a trasportarci in favole e storie  eterne dove il tempo si è fermato per assaporare una attimo di poesia, di eleganza, d’amore. Una danza espressiva piena di lacrime e sorrisi, un viso delicato e raffinato su cui spiccavano occhi scuri, intelligenti e profondi. La fatica nella danza di Carla Fracci non si vede, le lunghe ore alla sbarra, le prove infinite, i piedi pieni di vesciche. Non lo si vede affatto, non lo si ricorda perché non appartiene alla rappresentazione.

Forse è proprio questo ciò che di straordinario  quella ballerina è riuscita a fare. E’ riuscita a staccare la rappresentazione dalla realtà. Ci ha fatto entrare talmente dentro le storie che il suo corpo raccontava, che ci siamo dimenticati che quel corpo stava facendo fatica, stava soffrendo e forse anche sentendo male. Nei balletti di Carla Fracci, come in tutto ciò che sembra quasi eterno, non c’è dolore, c’è una sospensione del tempo ordinario che sa portare lontano, in mondo diverso dove leggere danzano le ore, senza ancoraggio a nessuna quotidianità. Quella donna leggiadra ha spiccato più volte un volo verso il cielo. In una specie di sfida alla gravità, annullando il tempo, contro la caducità di tutti  i sentimenti terreni verso il recupero di una spiritualità che sa d’eterno.
Credo ci sia una relazione tra l’arte vissuta a questi livelli e la spiritualità. C’è anche una relazione tra l’arte e l’uso appropriato del corpo. Un corpo che si piega con i suoi movimenti al volere dell’artista, plasma una storia e la rende vera, veritiera, auspicabile e realista.

Oggi Carla Fracci è morta ma la sua arte è eterna e insieme alla sua arte è diventata eterna lei.
Quella bambina che aveva i nonni che abitavano a Volongo e d’estate passava sempre le vacanze nei campi della pianura padana, ha saputo allungare una briciola di vita fino a farla diventare infinita, ha saputo coprire con un manto stellato un po’ del suo tempo e farlo diventare un sogno.
L’arte è così, la liberazione della creatività a servizio della rappresentazione è così, la danza è così e lo è nella misura in cui sa fondere gestualità, corporeità, musica e pathos. Nella danza di Carla c’è molto Pathos.

“ Ogni tempo ha i suoi grandi artisti” dice Valeria.
“Si” le rispondo. “Carla Fracci, lo è sicuramente stata”.
“Anche Virna Toppi lo è” dice Valeria.
“Si” le rispondo. “Anche Virna Toppi è bravissima. Una grande ballerina”.

Ma Virna Toppi è giovane, sulla cresta dell’onda adesso, proprio adesso mentre io e Valeria siamo qui nel mio studio a ricordare una grandissima ballerina che ci ha appena lasciato.  Proprio in quest’attimo in cui la morte ha interferito in quell’incredibile mondo che Carla Fracci ha saputo creare e rendere eterno. E proprio in questo tremendo attimo, il dolore è riuscito a perforare l’eternità poetica che lei stessa ha saputo creare.  Come se lei fosse l’unica in grado di riportarci al mondo, dopo averci trascinato via. Pochi a questo mondo hanno saputo fare tutto ciò, renderlo vero almeno per un po’.

Quando un corpo si muove con eleganza affascina, l’armonia del gesto è una delle premesse di quasi tutte le forme d’arte.

Prendee anca questa questa, la ghà un bel faccin” disse nel 1946 la direttrice della scuola di danza della Scala, rendendo felice oltre alla bambina, suo padre Luigi Fracci, il manovratore che col suo tram Linea Uno passava tutti i giorni davanti al Piermarini.

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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