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Le storie di Costanza: Albertino Canali e l’orso

Esco dal negozio di Camilla con ventiquattro litri d’acqua in bottiglia e li deposito su Marghera. Saluto il portalettere che sta passando. – Ciao Toni, cóme ala? (Ciao Toni, come va?) – Be be Albertino, e a te cóme ala? (bene bene Albertino e a te come va?)
– Mia mal, som che (non male, siamo qui), gli rispondo e alzo il braccio in segno di saluto.

Davanti al numero civico 21 di Via Santoni Rosa, la casa di fronte alla mia, c’è Costanza Del Re che sta spalando la neve. Ha il piumino rosso e i pantaloni, il berretto e i guanti blu. Scarpe da trekking nere e rosse. Sta spostando la neve con una grande pala arrugginita che ha un manico gigantesco.

Doveva essere di suo nonno e ora lei si ostina ad usarla tutti gli inverni per spalare la neve davanti al suo cancello. Il nonno Fiorenzo me lo ricordo anch’io, è morto che avevo quattordici anni. Era un gigante, una persona simpatica, molto intelligente.

Costanza ammucchia la neve a lato in modo da poter uscire di casa senza rischiare di ammazzarsi e, soprattutto, senza mettere in pericolo l’incolumità delle ossa della signora Anna che ha ottant’anni.

Parcheggio Marghera davanti al mio portone e poi mi rivolgo a Costanza:
– Ciao Costanza, stai spalando la neve?
– Perché non si vede? – mi risponde lei.
– Sì, si vede. Vuoi che ti aiuti?
– No.

– Perché no?
– Perché lo so fare da sola. Se lo volevi fare tu, lo dovevi fare e basta, senza bisogno di chiedermelo. Se me l’hai chiesto vuol dire che non eri sicuro di volerlo fare e hai sperato che ti dicessi di no.
– Ma cosa dici?, dammi la pala, lo faccio io! – attraverso la strada e provo a toglierle la pala dalle mani.
– Giù la mani dalla mia pala!”.

Ecco, sono appena stato trattato come un ladro di pale, solo che a casa mia ce ne saranno almeno dieci che non vengono mai usate contemporaneamente e la sua è anche brutta e arrugginita.

– Se vuoi puoi spargere il sale dove ho già spalato, così non ghiaccia – mi dice senza nemmeno alzare la testa per guardarmi. Vedo solo il pon-pon del suo berretto che ondeggia all’altezza delle mie spalle. È di pelo vero colorato di blu. Sembra soffice e carezzevole, chissà dove l’ha trovato.

Probabilmente al mercato di Trescia, le piace andarci, compera le olive col peperoncino e il formaggio di malga, il miele di acacia e il sapone artigianale all’aloe. Qualche volta acquista anche un paio di jeans o qualche berretto che poi mette spesso perché a Pontalba c’è nebbia di frequente e lei detesta l’umidità sulla testa.

– Costanza detesta l’umidità sulla testa. Detesta l’umidità sulla testa. – dico a voce alta.
Lei scoppia a ridere. – Albertino Canali sei matto! Cosa dici? Chi è che detesta l’umidità sulla testa? – ma sta continuando a ridere. Le piacciono i giochi di parole, allentano la pressione sul suo cervello che deve essere, in condizioni normali, molto forte.

Vedo il sacchetto del sale appoggiato ad uno dei pilastri che sostengono il cancello. È sale grezzo mescolato a sabbia di mare, l’ha comprato in ferramenta apposta per il maltempo. Previdente la ragazza.
Spargo un po’ di sale  sul terreno appena ripulito.

– Ne stai mettendo troppo! Io non sono una nababba che può permettersi di acquistare quintali di sale!
– Non sarai una nababba ma una quantità di sale sufficiente per non scivolare te la puoi permettere.
– Si, questo è vero – dice pensierosa.

Si ferma con la pala a mezz’aria. Alza la testa verso l’alto e guarda il cielo, annusa l’aria.
– Fra un po’ nevica di nuovo – dice.
– Si credo anch’io – le rispondo.

Il cielo è tutto bianco, l’aria molto tersa e pungente per il freddo. Ha ragione lei. Fra un po’ nevica di nuovo. Bianco in cielo e bianco in terra. E’ una vera bellezza. Tutto quel bianco purifica dentro e fuori. Ti fa sentire più giovane, con meno fardelli da portare, con meno ricordi da archiviare, con meno sbagli da perdonarsi e da perdonare agli altri.

Per un momento mi sono sentito romantico. Per riprendermi subito, tiro un calcio a un po’ di neve e poi fisso la punta dei miei stivali che sta cambiando colore perché si è bagnata. – Vattene brutta nevaccia dei miei stivali! – dico. Costanza non commenta, sta sicuramente pensando ad altro.

– Questo stare dentro la neve e dentro il cielo bianco aumenta la nostra consapevolezza fisica, ci fa sentire dentro il corpo in maniera diversa, più solida. Un’esperienza sensoriale che si nutre del soffice della neve che piace alle mani, della pulizia dell’aria che solletica il naso, del bianco candido che sorprende la vista. La luce sulla neve abbaglia, luccica,  chissà com’è al polo Nord, credo che sia bellissimo – dice.

Adesso la sorprendo. Mi concentro un attimo e poi spicco un balzo verso il centro della strada e, mentre sto balzando, faccio anche una mezza piroetta in volo. Mentre atterro, mi esibisco in un ruglio da Orso delle nevi:
– Ougrrrr Ougrrr!

Lei si spaventa, lascia andare la pala e per un momento sembra impietrita. Ma, come suo solito, si riprende subito.
– Albertino Canali sei pazzo! – e poi scoppia a ridere.

Proprio in quel momento passa Toni con in mano la posta di Via Santoni.
– Ma cosa state facendo? – ci chiede.
– Io nulla! – dice lei  – È Albertino Canali che si è messo a fare l’orso delle nevi – e poi ride di nuovo.

Toni mi guarda e scuote la testa: – Ma set dre a deentà mat? (ma stai diventando matto)?
– Ma no Toni!, non lo sta diventando, lo è sempre stato! – dice Costanza.

Io e Toni ci guardiamo e poi le diciamo insieme:
– Ma ti dispiace?
– Cosa?, di avere un vicino di casa pazzo? – dice lei.
Ci guarda per un attimo e poi fa un salto sulla neve fresca: Ougrrrr Ougrrr”. Ruglia.

Per leggere tutti i racconti di Costanza Del Re è sufficiente cliccare il nome dell’autore o sulla sua rubrica Le storie di Costanza.

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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