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Contro il G20, in piazza a Roma molteplici percorsi: dal corteo studentesco di venerdì 29 alla manifestazione nazionale di sabato 30, dal Climate Camp all’assemblea nazionale di convergenza del 31 ottobre. Perché non vogliamo tornare a quella normalità che era il problema.
Quale miglior collocazione, dal punto di vista evocativo, della ‘Nuvola’ come sede del vertice del G20 di fine ottobre a Roma?

Nella nuvola è impossibile vedere l’oltre e lo sguardo si autoriflette, facendo credere a coloro che vi sono immersi che il mondo si esaurisca lì. E’ cosi che i governi dei paesi più ricchi del pianeta possono ritrovarsi e discutere di “persone, pianeta, prosperità”, fingendosi parte della soluzione, mentre è chiaro a tutti che fanno parte del problema.

Parlano di crescita, ma l’unica cosa che sono riusciti ad aumentare è la produzione di gas serra, di cui detengono il 75%, rendendo drammatica la conseguente crisi climatica. Non stanno cercando di capire come uscire da una crisi sistemica, bensì come continuare ad estrarre valore finanziario da persone, territori, natura e come difendere questa accumulazione di ricchezza. Attraverso armi, guerre, frontiere, muri, società disciplinare. Parlano di transizione ecologica, ma pensano al greenwashing; annunciano la rivoluzione digitale ma hanno in mente sfruttamento e precarietà.

Hanno tuttavia un pregio: aver finalmente chiarito che la preservazione del modello capitalistico non ha più bisogno di alcun consenso sociale, è obbligatoria e ineluttabile. “Ripresa” per l’economia del profitto, “resilienza” per le popolazioni che devono subirla.

La difesa di un diritto, di un posto di lavoro, di un bene comune, di un territorio sono sacrosante e necessarie, ma drammaticamente insufficienti se continuano a realizzarsi su un piano inclinato dall’alto verso il basso.Occorre rovesciare il piano, chiedendo ad ogni esperienza di collocarsi in una dimensione di interdipendenza con tutte le altre – nessuno si salva da solo – e dentro l’orizzonte della sfida per un’alternativa di società. Un piano che metta la cura di sé, degli altri e delle altre, del vivente e del pianeta al centro di una nuova organizzazione della società, oltre e contro la solitudine competitiva e l’ ‘uno su mille ce la fa” del modello capitalistico.

E’ questa la novità messa in campo da processi, percorsi ed esperienze che in questo anno e mezzo di pandemia hanno costruito il filo rosso della convergenza fra i movimenti e alimentato la mobilitazione sociale di chi rifiuta di tornare alla normalità perché era la normalità il problema. E che ha iniziato a dare frutti, producendo lotte radicali che smettono di percepirsi come solitarie e ‘disperate’ e interrogano persone, territori e società. Smettono di interpretare la parte di un copione prestabilito e rivoluzionano la scenografia.

Un’insieme di appuntamenti, che, per la prima volta, vedrà assieme la giovane generazione ecologista dei Fridays For Future e di Extinction Rebellion con importanti vertenze operaie e del lavoro come Gkn, Alitalia, Whirlpool; tutti i sindacati di base ma anche la Flc Cgil; tutti i movimenti sociali ma anche le esperienze del mondo contadino e dell’ agro-ecologia; le reti studentesche e gli spazi sociali; la rete Fuori dal Fossile e il movimento No tav; le esperienze femministe e il Consiglio Nazionale Indigeno dell’Ezln del Chiapas…e molto altro ancora.

Una tappa, non un punto di arrivo. Contro il G20, ma ben oltre loro e la loro insulsa vetrina. Per il diritto al conflitto sociale e alla libertà di manifestare, ma senza alcun interesse per il clima intimidatorio ancora una volta artificialmente costruito da governi e mass-media mainstream.

Ci aspetta una stagione dove molti nodi verranno al pettine, con un’oligarchia al governo che, per imporre un Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, ha ottenuto l’unanimismo parlamentare e pretende il silenziamento di ogni conflitto sociale. La attraverseremo con la lenta impazienza. L’impazienza di chi ogni giorno che nasce ha chiara la necessità di rivoluzionare lo stato di cose esistenti, la lentezza di chi sa che solo la fiducia delle radici nei fiori genera foreste rigogliose.

Vi aspettiamo in piazza in questo week end di fine di ottobre. Speriamo di ritrovarvi ogni giorno successivo.

Marco Bersani, Attac Italia
Questo articolo è apparso con altro titolo su Dinamopress il 28 ottobre 2021

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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