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di Maria Paola Forlani

Con ‘Bill Viola. Rinascimento elettronico’, aperta dal 10 marzo fino al 23 luglio 2017, la Fondazione Strozzi presenta al pubblico di Firenze una grande mostra che celebra il maestro indiscusso della videoarte contemporanea attraverso opere della sua produzione dagli anni Settanta a oggi esposte in dialogo con l’architettura di Palazzo Strozzi e in un inedito confronto con le opere di cinque maestri del Rinascimento Pontormo, Masolino da Panicale, Paolo Uccello e Luka Cranach.

Bill Viola

Bill Viola, artista visivo del nostro tempo segnato dall’unione tra ricerca tecnologica e riflessione estetica, a Firenze ha cambiato la propria percezione dell’arte, quando ci ha vissuto tra il settembre del 1974 e il febbraio del 1976.
Nella città è poi tornato più volte e nel 2013 ha donato il suo ‘Self Portrait, Submerged’ agli Uffizi, destinandolo alla più vasta e complessa collezione di autoritratti al mondo: il primo in video. Ma è con la mostra di Palazzo Strozzi (catalogo Giunti), a cura di Arturo Galasso (direttore generale, Fondazione Palazzo Strozzi) e Kira Perov (direttore esecutivo, Bill Viola Studio), che l’artista per la prima volta presenta compiutamente la propria produzione nel luogo in cui ha cominciato a lavorare e che gli ha fatto conoscere l’arte antica. L’antologica è la più grande mostra mai allestita su di lui, con ventitre opere esposte a Firenze non solo a Palazzo Strozzi, ma anche al Museo dell’Opera del Duomo, agli Uffizi, al Museo di Santa Maria Novella, oltre che nelle città di Empoli e Arezzo. Un’esposizione che ripercorre la sua carriera, sottolineando i rapporti con Firenze e la Toscana e comprendendo un arco cronologico di oltre quarant’anni che, dalle prime sperimentazioni del 1973, conduce alle grandi installazioni  degli anni Duemila, che catturano l’attenzione con forti esperienze sensoriali.

Viola nasce nel 1951 a New York, nel Queens, in una famiglia di origine europea: il nonno paterno proviene dalla provincia di Pavia e, all’italiana, Viola pronuncia il suo cognome. Studia alla Facoltà di arte della Syracuse University, ma passa poi al dipartimento di Experimental Studios, dove si laurea, dedicandosi da subito alla videoarte: la nuova forma artistica che sarà il suo mezzo espressivo. Poco dopo si trasferisce a Firenze dove, in via Ricasoli al 22, Maria Gloria Conti Bicocchi ha aperto nel 1973 art/tapes/22, uno studio videoarte che diventa in breve tempo il punto nodale in Europa per la produzione di videotape. Quando giunge a Firenze Viola ritiene la pittura del passato sorpassata, tuttavia si ricrede perché lo colpisce il rapporto profondo e vivo dell’arte con la città, con la vita quotidiana dei suoi abitanti. Viola ne rimane profondamente influenzato, anche se non subito: solo nel 1995, concependolo appositamente per il padiglione statunitense della Biennale veneziana, realizza il video ‘The Greeting’, che rilegge l’incontro delle donne della ‘Visitazione’ del Pontormo conservata a Carmignano, presso Firenze. E non è l’unico caso di ispirazione alle pitture antiche: ciò che gli interessa non è ricostruire le scene, citare figure o temi, ma esplorare i sentimenti espressi e creare dei ‘tableaux vivants’, dei dipinti animati, in cui alle opere aggiunge un prima e un dopo.

Una riproposizione creativa di pale d’altare al plasma in cui coglie un’esperienza umana universale. L’attuale mostra (Palazzo Strozzi la sede principale) crea – anche per gli spazi in cui è allestita – uno straordinario dialogo tra antico e contemporaneo attraverso il confronto delle opere di Viola con capolavori di grandi maestri del passato che sono stati per lui fonte di ispirazione e hanno segnato l’evoluzione del suo linguaggio. Si tratta di opere della tradizione religiosa cristiana, ma Viola trae ispirazione anche dalle religioni orientali (in Giappone ha infatti passato lunghi periodi) e dal buddismo in particolare, oltre che dalle filosofie e dalla letteratura mistica. Ma ciò che rende l’artista vicino alla sensibilità di donne e uomini di ogni continente e di ogni tempo è la sua riflessione, il suo interrogarsi sulla condizione umana, su nascita e morte, inizio e fine vita, ma anche sulla rinascita. Temi ancestrali quali emozioni, sofferenze fisiche e spirituali, sono indagati e resi con uno stile poetico e simbolico in cui l’umanità interagisce con i quattro elementi: Fuoco, Terra, Aria, Acqua. Quest’ultima soprattutto è centrale nella vita dell’artista, da quando, molto piccolo, in vacanza si era tuffato in un lago e aveva rischiato di annegare ma era stato, prontamente, salvato. Non aveva provato paura, solo avvertito la magia del mondo sommerso.

Numerosissime sono le opere in cui l’acqua è centrale, elemento primordiale che rappresenta la vita, ma anche la morte.
Pensiamo a ‘Emergence’ (‘Emersione’, logo della mostra). “Due donne siedono ai lati di un pozzo di marmo in un cortiletto. Aspettano in silenzio, pazientemente, solo a tratti memori della presenza dell’altra. Il tempo si fa sospeso e indeterminato, lo scopo delle loro azioni ignoto. La loro veglia è interrotta da un’improvvisa premonizione. La più giovane si gira di colpo e fissa il pozzo. Sotto il suo sguardo incredulo compare la testa di un giovane uomo, poi l’intero corpo si erge, facendo traboccare l’acqua sulla base del pozzo e sul pavimento del cortile.
Il debordare dell’acqua desta l’attenzione della donna più anziana, che si volta per assistere all’evento miracoloso. Si alza, attratta dalla progressiva comparsa del giovane. L’altra gli afferra il braccio e lo accarezza come per salutare un amante perduto. Quando il suo corpo pallido emerge per intero, il giovane barcolla e cade. La donna più anziana lo prende tra le braccia e con uno sforzo, aiutata da quella più giovane, lo depone delicatamente a terra. L’uomo, prono ed esanime, viene coperto con un telo. Infine, mentre gli culla la testa sulle ginocchia, la donna più anziana scoppia in lacrime mentre la più giovane, sopraffatta dall’emozione, abbraccia teneramente il corpo.”

Come altri grandi, da Picasso a Stravinskij, Bill ha sentito il bisogno, giunto alla maturità, di confrontarsi con la tradizione. Solo a una lettura superficiale i suoi riferimenti alle opere rinascimentali potrebbero sembrare aneddotici o puramente formali. Per Bill non si tratta di riprodurre i dipinti con il video, ma piuttosto di evocare le forme primordiali dell’espressione umana. Dopo aver a lungo approfondito teorie filosofiche non occidentali, Bill ritorna all’arte cristiana interpretandola come un mezzo di crescita, interessato più alla funzione sociale e spirituale dell’arte antica, che ai suoi valori formali. L’artista sembra voler fermare il tempo nelle sue opere in slow motion, un tempo sospeso e rallentato con cui esplora le percezioni che conducono alla conoscenza di sé.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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