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È impressionante vedere luoghi conosciuti del nostro territorio dipinti un secolo fa, ma con dentro la stessa emozione che li ha avvolti in certi minuti magici di questi giorni. La restituzione di visioni che abbiamo condiviso anche di recente, dove l’incanto è unito a una forza visiva di estrema attualità, è una delle cose che colpiscono visitando la mostra “Giovanni Battista Crema – Oltre il divisionismo”, curata da Lucio Scardino insieme a Manuel Carrera e allestita fino a domenica 26 dicembre 2021 all’interno del Castello Estense.

L’allestimento in Castello Estense della mostra dedicata a Giovanni Battista Crema con opera sui ciechi

Poco prima della pandemia il giornalista e critico della fotografia Michele Smargiassi venne a Ferrara e disse: “Ogni volta che facciamo una foto è come se volessimo dire a qualcuno: guarda questo con me”.

Da allora ho pensato spesso alla lettura che il giornalista di ‘Repubblica’ ha dato a quella tendenza a scattare foto che ormai pervade tante persone. È forte l’impulso che si ha di condividere un’emozione suscitata dalla vista, il desiderio di mostrare e di poter trasmettere ciò che le parole non bastano a dire.

Capita spesso, però, che vediamo un cielo folgorante, un’atmosfera magica o – in questi giorni di gelo dicembrino – una distesa verde di piante velate dalla brina e la foto, scattata per fermare quella visione, non rende giustizia al nostro sguardo. Il cielo magari c’è, bene o male è quello, così come si può riconoscere il piccolo pezzo di giardino d’inverno o lo scorcio di città. Ma sono scomparsi il sentimento e il calore che ci avevano colpito. Ci sono elementi, oggetti ed edifici corrispondenti, ma manca la magia che pervadeva l’aria, manca la sensazione. La vaga nuvoletta rosata o la velatura della brina sulle foglie vengono appiattite, la suggestione svaporata.

In fotografia, il professionista o l’appassionato più abili possono enfatizzare il soggetto utilizzando un obiettivo macro, tenendo il diaframma più chiuso o anche solo ricorrendo all’uso di filtri successivi. Eppure il risultato resta spesso un artificio, che infrange la poesia che era presente nello sguardo dal vivo.

Già vedendo i quadri di Giovanni Battista Crema postati sui canali social di Palazzo dei Diamanti ho pensato che, invece, lui sì, che ce l’aveva fatta.

E la mostra lo conferma: quella facciata del Duomo ferrarese ammantata da un velo di nebbia è quella che ricordiamo di aver visto in una notte d’inverno.

Veduta di “Piazza Duomo di Ferrara” realizzata da Crema nel 1930 (tecnica mista su carta)

Il cielo rosato del crepuscolo è lo stesso che è apparso nell’aria l’altra sera come una folgorazione improvvisa e fugace.

“Fine di un giorno (Il disco del sole)” di Crema, olio su tavola , 1954

L’erba e i fiori ghiacciati sono quelli accanto ai quali ho passeggiato di recente sull’argine, che parevano glassati dall’aria di gocce cristalline.

“Lirica dicembrina” di Crema, olio su tela, 1904

La tecnica che Crema scopre come particolarmente affine, al punto da declinarla in una sua interpretazione personale rintracciabile in tutta la lunga e produttiva esistenza, è quella del Divisionismo. Il movimento pittorico, che si sviluppa in Italia a partire dall’ultimo decennio dell’800, prende parzialmente lo spunto dal Pointillisme (il Puntinismo), la corrente che si stava affermando in Francia in seguito all’Impressionismo. Questo stile si inserisce in continuità con lo studio della luce, proprio degli Impressionisti, integrandolo con le nuove scoperte scientifiche relative alla percezione del colore e alla consapevolezza che la luce è composta da radiazioni che vengono percepite con tonalità diverse, legate alle differenti frequenze di oscillazione.
L’artista si prefigge di applicare la scomposizione dei colori sulla tela, lasciando che sia la retina nell’occhio dell’osservatore a ricomporre tonalità e sfumature. E questo in effetti è ciò che avviene quando si guarda, ad esempio, un bosco. Diverse sfumature di colori delle foglie e delle piante ci appaiono ben distinte da vicino, mentre allontanandosi la tinta si fa sempre più omogenea, producendo la visione d’insieme di un unico tono verde-bosco.

Crema fa suoi il tratteggio e la pennellata divisi, attraverso colpi di pennello direzionali o concentrici, che possono cospargere lo sfondo, avvolgersi su se stessi, assecondare le forme o creare punti di attrazione. L’effetto finale, reso con l’accostamento dei colori complementari, gli consente di restituire una sensazione di intensa luminosità, ma anche di buio suggestivo.

[Cliccare sulle immagini per ingrandirle]

“La partenza per il fronte”, olio su tela, 1918
“Lavoro notturno alla stazione di Termini”, olio su tela, 1905

Questa voglia di esserci e di farsi testimone del suo tempo, emerge da tutto l’insieme di opere che, nella mostra ferrarese, attraversano la lunga carriera di Giovanni Battista Crema. Una spinta quasi documentarista, che interrompe la sequenza di emotività suscitata dallo stile più caratteristico e divisionista dell’artista, sembra motivare le tele dedicate ad alcune scene della Seconda Guerra mondiale, al reportage pittorico sulla vita dei soldati sulle navi militari, ma anche all’illustrazione delle attività mediche e scientifiche.

La tavola del polittico di Crema dedicato a “Itala gens: la scienza”, 1938

Forza poetica e pennellata divisionista tornano per narrare la storia della città natale di Ferrara, riletta in chiave personale e simbolica. C’è il trittico evocativo della tragedia di Ugo e Parisina e c’è la reminiscenza della figura di Marfisa d’Este, basata sulla leggende che la vuole aleggiare ancora nei pressi della palazzina che porta il suo nome in corso Giovecca, come il fantasma di una sanguinosa amante in sella al cavallo.

Il curatore Lucio Scardino illustra l’opera del 1921 dedicata a Parisina Malatesta

La mostra è un intenso viaggio lungo sessant’anni, da ripercorrere attraverso le opere appese alle pareti del Castello Estense. E magari da proseguire fuori, sulle tracce della città che tanto ha ispirato questo autore, nato a Ferrara nel 1883, vissuto nel palazzo che porta il nome della sua famiglia in via Cairoli e che i luoghi estensi se li è portati negli occhi e nel cuore anche per tutto il resto della sua esistenza, a Roma, dove morirà nel 1964

“Giovanni Battista Crema. Oltre il divisionismo”, Castello Estense,  largo Castello 1, Ferrara, fino a domenica 26 dicembre 2021, orario 10 -18 con chiusura della biglietteria 45 minuti prima, tutti i giorni con  chiusura il martedì.
Info, prenotazioni e tariffe dei biglietti sul sito web https://www.castelloestense.it/it/il-castello/giovan-battista-crema.-oltre-il-divisionisimo/giovan-battista-crema.-oltre-il-divisionisimo

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e diploma dell’Accademia di belle arti, collabora con la rivista del “Gambero Rosso”, il periodico “Econerre” sull’economia dell’Emilia-Romagna e “CasAntica”. Per la Provincia di Bologna ha curato il sito “Turismo in pianura” e le segnalazioni su “Emiliaromagnaturismo” dedicate ad arte e cultura, gastronomia ed eventi del territorio.

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