Skip to main content

Ho l’impressione che molti italiani si siano stancati di guardare il telegiornale. Anche io, lo confesso, non ne posso quasi più. Colpa, per dirla con Berlusconi, del solito e un po’ rivoltante “teatrino della politica”. Dopo le cifre dei contagi, ricoverati e morti del giorno, dopo l’elenco delle disposizioni per le zone gialle arancioni e rosse, tutti i notiziari  si dedicano  appassionatamente alla cosiddetta  ‘attualità politica’: con una sfilza di dichiarazioni (proclami, sfide, annunci, minacce, promesse) del premier Conte e degli esponenti dei vari partiti. Sullo sfondo di questo teatrino, ci informano i cronisti, ci sarebbero le domande fatali che assillano il Paese: ci sarà la crisi di governo? Magari un rimpasto? Una nuova maggioranza? E chi entra e chi esce?
Naturalmente il Paese, cioè noi, i governati (ora comandati), si stanno ponendo tutt’altre e drammatiche domande. Il morbo che continua a infuriare e a mietere vittime (dentro e fuori dagli ospedali), lo spettro della povertà che continua ad avanzare (fanno fede le ultime cifre del Censis e della Caritas), il lavoro non c’è. Eccetera.
Fateci caso, nessun altro paese europeo esibisce lo spettacolo di un mondo della politica così autoreferenziale, così avulso dalla società reale, così insensibile al dovere di proporre soluzioni per una situazione che si è fatta via via più drammatica.
La lettera, bellissima e durissima, inviata da Gino Strada al quotidiano La Stampa venerdì scorso, mette a nudo la ‘vera verità’ sulle cause del flagello della pandemia nel nostro Paese.
Scrive Gino Strada: “Le riflessioni che sembravano urgenti nei primi mesi della pandemia paiono evaporate. Eppure è ormai evidente che la pandemia ha disvelato le gravi fratture in cui abbiamo vissuto negli ultimi anni. L’ambiente, il sistema economico, la Sanità dovrebbero essere argomento di dibattito quotidiano”. Una riflessione seria, un dibattito informato che risultano invece completamente assenti; dalla scena politica come dal circo mediatico.
Sul Covid e sulla gestione dell’emergenza sanitaria e sociale abbiamo invece assistito (e assistiamo ogni nuovo giorno) a una continua zuffa iper-politica. Lo scontro e il gioco dello scaricabarile fra Regioni e Stato Centrale. La rissa furibonda tra Governo (e dentro il Governo) e Opposizioni. Su cosa si poteva fare e non si è fatto. Su chi e quando e dove e come ha sbagliato: “Ma io l’avevo detto!”. “Non è vero, l’avevo detto prima io!”…
Intanto – i dati Covid ci vengono raccontati quotidianamente – in Italia continuano a morire ogni giorno svariate centinaia di persone: a cominciare come sempre dai più vecchi e dai più deboli. L’Italia si avvicina ormai ai 70.000 decessi e può fregiarsi di un tristissimo primato: nessun paese in Europa conta tanti morti quanto noi. Un solo esempio: la Germania, 83 milioni di abitanti, registra ‘solo’ 25.000 vittime: ma da sempre la Germania ha speso in proporzione molto più di noi per il suo Sistema Sanitario, i suoi ospedali, il suo personale, le sue sale di rianimazione.
Sicuramente degli sbagli – a Roma come in periferia – sono stati commessi in questi 10 mesi, ma la vera grande causa dell’ecatombe che ha colpito l’Italia è nell’attuale e miserevole stato della nostra Sanità Pubblica. Scrive ancora Strada: “ Lo stato deve assicurare a ogni cittadino il diritto a essere curato. Al contrario, la pandemia ha messo in evidenza l’estrema fragilità del nostro sistema sanitario: nel mezzo della pandemia ci siamo resi conto che non avevamo materiali di protezione, che le terapie intensive non erano adeguate, che la sanità territoriale era inesistente, che al di fuori degli ospedali tanti malati non venivano curati ma semplicemente abbandonati al loro destino”.
Oggi (solo oggi?) ci accorgiamo che mancano medici, mancano infermieri, mancano attrezzature. La verità è che negli ultimi 10 anni – lo ricordava anche Corrado Oddi su questo giornale [Vedi qui] – la Sanità Pubblica, come la Scuola, come altri servizi essenziali, sono stati sistematicamente saccheggiati per decine e decine di miliardi di Euro. Questa sistematica e dissennata opera di spoliazione (in politichese si chiama “definanziamento”) ha messo l’Italia e gli italiani pancia a terra.
E’ dentro questa situazione – sempre più insostenibile per milioni di italiani – che si è abbattuta la tragedia Covid. Scrive ancora Gino Strada: “Siamo stati travolti da una emergenza incontestabile, ma non possiamo ignorare che si tratta perlopiù di problemi strutturali, non emergenziali”.
Di questi temi dovrebbe occuparsi la politica, e la Sinistra – se ancora esiste. Occorrerebbe uno sguardo lungo, un impegno concreto a invertire la rotta, un grande piano di rilancio dei servizi pubblici a partire dalla Scuola e dalla Sanità pubblica, una vera svolta nella politica ambientale e di difesa del territorio. Ripensare con coraggio un modello di sviluppo diverso da quello che continua a generare e moltiplicare ineguaglianza e povertà. Se non lo faremo, nemmeno il sospirato vaccino basterà a rimetterci in piedi.
Gino Strada ha buttato il suo sasso nello stagno della politica italiana. Probabilmente non lo ascolteranno. C’è da occuparsi della prossima, probabile o improbabile, crisi di governo.

Cover: Gino Strada con Maurizio Landini, 2013 (Wikimedia commons)

tag:

Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it