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Da: Organizzatori
Su proposta del MEIS, lunedì 6 maggio, alle 18.00, Ferrara Musica ospita eccezionalmente al Ridotto del Teatro Comunale (Corso Martiri della Libertà, 5) un’esibizione di strumentisti del Canadian ARC Ensemble, provenienti dal Royal Conservatory di Toronto.
Tra i migliori gruppi cameristici internazionali, l’Ensemble ha avuto il merito di portare alla ribalta i repertori nascosti di autori vittime dei regimi repressivi del XX secolo.
Erika Raum e Barry Shiffman (violini), Steven Dann (viola), Thomas Wiebe (violoncello), Joaquin Valdepeñas (clarinetto) e Dianne Werner (pianoforte) suonano a Ferrara le composizioni di quattro musicisti ebrei esuli del nazionalsocialismo: gli italiani Mario Castelnuovo-Tedesco e Vittorio Rieti, Paul Ben-Haim, nato con il nome di Paul Frankenburger a Monaco di Baviera, e Walter Kaufmann, di origine sudamericana. Tutti e quattro fuggono dall’Europa negli anni ’30 e riescono poi a sostentarsi come musicisti professionisti.
“Uno degli scopi culturali del nazionalsocialismo – afferma Simon Wynberg, direttore artistico dell’Ensemble – era quello di sradicare la musica che disapprovava e, nel caso di compositori ebrei, di annientare coloro che l’avevano composta. Il nostro impegno è quello di riportare alla luce questo repertorio, perché ha un alto valore non solo morale, ma anche artistico”.
Le storie di quei compositori cominciano con la fuga e il doloroso abbandono delle loro case e delle loro famiglie. La loro musica, colta e raffinata, offre un’affascinante gamma di tradizioni e identità spesso strettamente legate alla drammatica esperienza dell’esilio. È tardo romantico lo stile del prolificissimo Castelnuovo-Tedesco, mentre è neoclassico quello di Rieti. Ben-Haim e Kaufmann si spostano a Tel-Aviv e Bombay. Il primo riesce a integrare gli idiomi e i dialetti musicali locali in un’emozionante nuova musica mediterranea, di cui è un esempio il suo Quintetto per clarinetto. Kaufmann, invece, trasla in molte delle sue composizioni le usanze indiane, dalle quali è rimasto affascinato.
Negli ultimi quindici anni, il Canadian ARC Ensemble si è esibito nei festival europei e nordamericani più importanti: dal Budapest Spring Festival al Lincoln Center Festival di New York, dal Concertgebouw di Amsterdam al Wigmore and Cadogan Halls di Londra, fino al Kennedy Center di Washington, guadagnandosi anche tre nomination ai Grammy.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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