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Da Forza Italia Ferrara

La vicenda Siberiana, al di là della personale vicinanza ai gestori sia per l’aspetto umano che quello lavorativo, lascia tra i più un senso di impotenza e ingiustizia che vede sconfitto il lato buono di un intero quartiere e non solo. La Siberiana rappresenta (anche se dovremmo abituarci a usare il passato) un punto di riferimento per moltissimi ferraresi, ma anche e soprattutto un presidio di legalità all’interno di un cono d’ombra sempre più appannaggio dello spaccio di droga.
Vero, come ha indicato l’assessore Serra, che il Comune centra poco con la chiusura dello storico esercizio. L’Amministrazione ha proposto lo spostamento del chiosco in un altro punto di città, soluzione non accettata dai gestori. Ma se anche fosse andato in porto il trasloco, il fatto non avrebbe risolto i problemi di vivibilità di quel lembo di quartiere Gad che rimarrà inevitabilmente scoperto.
La decisione è stata presa dalla Soprintendenza, da un apparato dello Stato, quello Stato a cui manca, nella fattispecie, un pragmatico lato pratico. Ciò che ha costituito un punto di riferimento per migliaia di famiglie ferraresi, in grado di arricchire un tratto verde di città e che ha permesso a tanti di apprezzare le Mura cittadine, è divenuto all’improvviso un elemento che deturpa il contesto urbano, senza che alcuno abbia mai protestato per questa presunta impresentabilità. Una presa di posizione figlia forse della concezione di un mondo perfetto e intoccabile, come se non esistessero ambiti di degrado ad appena pochi metri di distanza, senza dimenticare la presenza di manufatti ben poco contestualizzabili – seguendo la logica della Sovrintendenza – rispetto alle Mura rinascimentali. Parlo per esempio, restando agli ultimi anni, del colossale complesso del Darsena City o delle immense torri faro dello stadio, aggiunte pochi mesi fa.
Personalmente ho una concezione della vivibilità del centro urbano che, senza presunzione, ritengo sia affine a quello della maggiorana dei ferraresi, di quelli perlomeno che amano questa città. Mi riferisco a coloro che ritengono prioritaria la tutela del patrimonio artistico e culturale, ma al contempo non rinunciano ad accogliere elementi di modernità, compreso ciò che si è venuto a creare attraverso la crescita urbanistica degli ultimi decenni, purché il tutto si fondi in un contesto di armonia e fruibilità. Non si fosse seguita questa logica sarebbe stato impossibile, per lo stesso Biagio Rossetti, dar vita all’Addizione Erculea. Qualcuno dovrebbe meditarvi.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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