Alla manifestazione di ieri a Ferrara “No War in Ucraina” indossavo questo cartello. Portavo la mia bandiera della pace e ne sostenevo una enorme, insieme ad altri e ad altre. Sono stato in silenzio ad ascoltare le parole dette da chi è intervenuto. Sono stato tentato di condividere i miei pensieri.
Non l’ho fatto ma provo a farlo qui.
Anche io ho paura della guerra ma ho paura soprattutto di chi è capace di dividere le guerre fra quelle vicine e quelle lontane.
Ho paura di chi pensa esistano guerre giuste o guerre sante.
Ho paura di chi individua “i cattivi” con grande facilità.
Ho paura di chi salva “i buoni” con molta superficialità.
Ho paura di chi dividerà i profughi tra quelli da accogliere perché hanno la pelle bianca e quelli da respingere perché hanno la pelle di un altro colore.
Ho paura dell’ipocrisia di chi non vuol vedere che il nostro Paese vende armi che uccidono in questo ed in altri conflitti.
Ho paura di chi si indigna di sabato pomeriggio ma al sabato sera gli è già passata.
Ho paura di chi insegna a scuola educazione civica ma poi non se la sente di affrontare in classe una discussione sui conflitti.
Ho paura di chi non si chiede da dove cominciano le guerre.
Ho paura di chi non si preoccupa dei semi di violenza che coltiviamo involontariamente.
Ho paura perché mi accorgo che per fare una guerra serve davvero poco mentre per fare la pace serve moltissimo tempo.
Ho paura ma penso che per fare la pace occorra partire da noi e dal nostro rispetto costante e quotidiano verso gli altri.
Ho paura ma credo sia ora di chiedersi cosa possiamo fare noi, nel nostro piccolo.
Non ho risposte valide per ognuno ma credo sia utile cominciare a lavorare su di noi.
Ad esempio, a scuola non possiamo chiamarci fuori e fingere che i bambini ed i ragazzi non siano preoccupati: occorre ascoltarli, aiutarli a dialogare e confrontarsi, insegnargli a litigare bene, raccogliere testimonianze, far riflettere, partecipare ad iniziative di solidarietà, tenerli stretti, …
La guerra non si fermerà per questo ma forse si inizieranno a piantare i semi di una consapevolezza maggiore verso la complessità del nostro tempo, forse si riuscirà ad offrire qualche strumento per affrontare le incertezze e per riflettere sulla condizione umana.
Forse si potrà far ragionare sull’assurdità di questa e di tutte le guerre.
Forse, in questo modo, si potrà fare la pace.
Forse, così facendo, si riuscirà a fare scuola.
Forse…
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Mauro Presini
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