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Secondo Slow Food, che ha seguito i lavori della due giorni dedicata alla natura e all’uso del suolo, la Cop26 non ha centrato un approccio corretto sulla produzione agricola: parlare di agricoltura sostenibile senza considerare l’intero sistema alimentare non permette infatti di avere una visione complessiva e veritiera sui problemi. Le proposte emerse sembrerebbero andare in due direzioni diverse presentate come complementari: da un lato la riforestazione e dall’altro le nuove tecnologie in agricoltura.

In realtà a essere riproposto è un vecchio modello, secondo il quale il cibo è considerato come un insieme di merci prodotte su larga scala, con monocolture assistite da tecnologie futuristiche che non faranno altro che far dipendere i contadini sempre di più dalle multinazionali e dai loro brevetti.

Marta Messa, direttore di Slow Food Europa, commenta: «Uno degli eventi di oggi alla Cop26 riguardava la transizione verso un’agricoltura sostenibile e giusta. Per noi di Slow Food una transizione giusta deve basarsi sulla biodiversità, l’agroecologia e la giustizia sociale e non sulle innovazioni tecnologiche proposte dalle grandi multinazionali, lontane dalle innovazioni reali che le comunità locali sviluppano. Il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità dovrebbero essere affrontati insieme, in quanto facce della stessa medaglia collegati dai medesimi problemi».

Shane Holland, Executive Chairman of Slow Food in the UK aggiunge: «La produzione industriale casearia e di carne è responsabile di una ampia parte delle emissioni, eppure importanti gruppi in questi giorni hanno proposto l’allevamento intensivo come la salvezza. Dall’altro lato abbiamo ascoltato anche la testimonianza di chi è convinto della necessità di aumentare la produzione agricola come riserva contro i raccolti scarsi. Questa visione è inaccettabile, specialmente se consideriamo che già oggi il 30% del cibo prodotto per il consumo umano è sprecato, e questo non fa altro che esacerbare la crisi climatica. Sembra che i governi non siano in grado di fuggire dall’influenza delle multinazionali e che siano incapaci di fare scelte davvero sostenibili, che esistono già ma che andrebbero promosse e supportate su larga scala».

Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, la Cop26 dovrebbe abbracciare la via della transizione verso sistemi alimentari agroecologici, che mantengono il carbonio organico nel terreno, supportano la biodiversità, ricostruiscono la fertilità del suolo e garantiscono una vita dignitosa agli agricoltori e diete sane a tutte le persone.

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Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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