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Da: CIA Ufficio Stampa
BOLOGNA, 28 MARZO 2019 – “L’agricoltura ha sete e siamo preoccupati”. Queste le parole di Cristiano Fini, presidente della Cia Emilia Romagna, che evidenzia le attuali condizioni climatiche caratterizzate da una forte scarsità di precipitazioni e temperature decisamente superiori alle medie del periodo. Una situazione che sta creando seri problemi all’agricoltura. “Questa siccità – dice ancora Fini – impone l’apertura della stagione irrigua anche per le piante da frutto che ora sono in fase di allegagione, uno dei momenti più importanti per lo sviluppo del futuro raccolto”. Poche le piogge invernali e conseguente abbassamento dei fiumi emiliano romagnoli e dei bacini idrici. Basti pensare che il Po non era mai stato così secco in questo periodo e si sta pian piano avvicinando alla secca dei record, quella del 2006, quando il tratto cremonese del Grande Fiume aveva toccato i sette metri e 77 centimetri sotto lo zero idrometrico. L’attuale scenario apparirebbe addirittura peggiore rispetto alla grande siccità del 2017, che aveva pur provocato danni per l’ammontare di ben due miliardi.
“La preoccupazione degli agricoltori – dice ancora Fini – è aggravata dal fatto che le alte temperature, inusuali per questo periodo dell’anno, stanno provocando un considerevole aumento dell’evapotraspirazione delle piante. A questo si aggiunge, poi, un impegno straordinario del sistema delle bonifiche per garantire l’approvvigionamento idrico da parte delle aziende agricole per limitare i danni che la siccità sta causando alle colture in campo e quelle prossime alle alla semina o al trapianto”. Questo vorrà dire anche un forte incremento dei costi elettrici del sistema irriguo che inevitabilmente ricadrà sui portafogli delle stesse aziende che già stanno pagando il prezzo degli effetti dei mutamenti climatici.
“È necessario – conclude Fini – che il governo valuti provvedimenti straordinari volti a ridurre l’incidenza del prezzo dell’energia elettrica ai consorzi di bonifica che si sono tempestivamente attivati per garantire la salvaguardia del patrimonio produttivo delle aziende agricole emiliano romagnole”.

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CIA FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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