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da: ufficio stampa Jazz Club Ferrara

Sabato 13 dicembre il Jazz Club omaggia gli storici organ trio con pianoforte ospitando “The Unusual Suspects”, trio capitanato dall’esplosivo organista newyorchese Pat Bianchi – oggi colonna portante del trio di Pat Martino – affiancato da Massimo Faraò al pianoforte e Byron Landham alla batteria.

Sabato 13 dicembre (ore 21.30) il Jazz Club ospita The Unusual Suspects, trio capitanato dall’esplosivo organista newyorchese Pat Bianchi – oggi colonna portante del trio di Pat Martino – affiancato da Massimo Faraò al pianoforte e Byron Landham alla batteria.
Il nome del gruppo The Unusual Suspects, che tradotto letteralmente significa “gli insoliti sospetti” (da non confondere con la pellicola di Singer…), racchiude in sé l’essenza di questa particolare formazione che vede accanto all’organo la presenza del pianoforte (al posto della chitarra), oltre alla consueta batteria.
L’intuizione di riportare in auge le sonorità legate a questa combinazione di strumenti si deve al pianista Massimo Faraò che, da diversi anni, organizza importanti serie di clinics ricoprendo altresì il ruolo di direttore artistico per il Festival di Isola del Cantone. Visto il grande riscontro ottenuto a fianco di artisti come Jack McDuff e Joey DeFrancesco (con cui si è esibito anche al Torrione), quest’anno Faraò ha coinvolto Pat Bianchi, uno degli organisti più brillanti dell’attuale scena statunitense, nella realizzazione di un omaggio ai fortunati organ trio con pianoforte tra cui quello di Richard “Groove” Holmes & Les McCann – probabilmente il più rappresentativo che ha ispirato generazioni di musicisti – per una serata che si preannuncia ricca di colpi di scena.
Maturato nella band di Lou Donaldson, l’organista newyorchese Pat Bianchi è tra gli organisti più apprezzati dell’attuale scena jazzistica internazionale. Dotato di inesauribile talento e sorprendente versatilità, Bianchi si trova a suo agio sia con tradizionali organ trio, sia con gruppi fusion o ensemble di musica d’avanguardia.
Cresciuto in una famiglia di musicisti, Pat si avvicina all’organo all’età di sette anni per iniziare ad esibirsi a soli undici. Terminati gli studi presso il prestigioso Berklee College of Music di Boston, si trasferisce a New York dove in breve tempo emerge dalla competitiva giungla musicale della Grande Mela grazie anche al duraturo e proficuo sodalizio con Lou Donaldson e Alvin Queen. Oggi Bianchi si destreggia abilmente alternando il ruolo di leader e sideman e collezionando collaborazioni a fianco di artisti del calibro di George Coleman, Randy Johnston, Lewis Nash, Terell Stafford, Ed Cherry, Christian McBride, Eric Alexander, Pete Bernstein, Jesse Davis, Vincent Herring, , Ari Hoenig, Wayne Escoffery e molti altri.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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