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Da organizzatori

Dalla storica ghettizzazione degli ebrei ai nuovi muri del Terzo millennio

L’Istituto di Istruzione Superiore L. Einaudi, di Ferrara, ospiterà lunedì 20 febbraio (ore 9,20-13,00) presso la propria Aula magna di via Savonarola n. 32, il convegno intitolato “Il ghetto e altre barriere: storie di (stra)ordinaria segregazione”.
L’incontro nasce dalle suggestioni del recente volume “Il ghetto di Venezia. 500 anni del recinto degli ebrei” (Bollati Boringhieri, 2016) della prof.ssa Donatella Calabi, Direttrice peraltro del Comitato per le iniziative del Cinquecentenario e curatrice della splendida mostra che sullo stesso argomento si è tenuta a Palazzo Ducale di Venezia tra il giugno ed il novembre dello scorso anno. Il libro ripercorre la storia del ghetto veneziano al di qua delle celebrazioni dei Cinquecento anni dalla sua fondazione, ed a parlarne agli studenti dell’Einaudi ed a quanti gradiranno intervenire (l’evento è aperto alla cittadinanza) sarà proprio la prof.ssa Calabi, docente dello IUAV di Venezia.
La sua chiacchierata con gli allievi sarà anticipata da una riflessione più a largo raggio sulle numerose forme di segregazione ed esclusione che hanno caratterizzato l’età moderna e ancora marcano pesantemente la nostra epoca, che vede il sorgere di nuovi muri nel cuore dell’Europa e, oltreoceano, l’amministrazione Trump avviare il proprio mandato a colpi di bandi antimigranti. Su questi temi si soffermerà infatti l’intervento di apertura del Convegno, che curerà Matteo Provasi, docente di Storia moderna presso l’Università degli studi di Ferrara; il giovane professore analizzerà in particolare il concetto culturale di confine e le molte sfumature che possono caratterizzare, ma anche modificare nel tempo, i rapporti tra popoli circonvicini.
La toccante storia di Cesare Moisè Finzi chiuderà infine il Convegno; sarà infatti il cardiologo ferrarese, da anni residente a Faenza, a narrare la propria vicenda personale che lo vide, dall’età di 8 anni, perseguitato, con la sua famiglia, per le leggi razziali del 1938; iniziò da allora, per il giovane Cesare Moisè e per i propri cari, una tormentata sequenza di umiliazioni e paure culminata, nel cuore del secondo conflitto mondiale durante l’occupazione nazista, con una fuga rocambolesca verso il Sud, già liberato dagli Alleati, che gli salvò la vita consentendogli di scampare alle deportazioni nei Lager.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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