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da: ufficio stampa A.N.B.I.

Paolo De Castro e Francesco Vincenzi: “Alla base dei disequilibri alimentari nel mondo ci sono gli stili di vita e l’incapacità di analisi del presente e del futuro. Bisogna investire in ricerca e combattere i luoghi comuni”

“Se devo indicare un merito a questo mio lavoro, è che pone le domande giuste”: lo afferma Paolo De Castro, europarlamentare e già ministro dell’agricoltura, che ha presentato a Roma, nella sede ANBI (Associazione Nazionale Consorzi Gestione Tutela Territorio e Acque Irrigue), il suo libro “CIBO. La sfida globale” (Donzelli Editore).
“Il problema odierno e soprattutto futuro della fame nel mondo – afferma De Castro – non è legato alla quantità di cibo disponibile, ma al miglioramento della qualità della vita nei Paesi emergenti, dove si sta passando da una dieta proteica di origine vegetale a quella di origine animale.
Se consideriamo che in Europa si consumano mediamente 100 chili di carne all’anno e negli Stati Uniti anche di più, è evidente lo stress, che sta creando all’equilibrio del pianeta, l’affermarsi economico della Cina, i cui abitanti attualmente consumano attualmente solo 50 chili di carne all’anno; ma domani?
In altri termini: il Pianeta non può reggere l’estendersi generalizzato del modello alimentare occidentale. Ciò deve obbligarci ad una riflessione sulla sostenibilità verso risorse quali suolo ed acqua, individuando pratiche agricole che, producendo di più, incrementino addirittura la fertilità dei terreni.
Non è certo un caso – prosegue l’europarlamentare – che si siano rovesciati gli equilibri anche nel campo della ricerca oggi guidata da Brasile, Cina e Russia, mentre Europa e Stati Uniti rappresentano ormai solo il 30% dell’investimento mondiale in ricerca.
La questione di fondo è che non stiamo capendo la velocità dei cambiamenti, sviati anche da alcuni luoghi comuni da smitizzare: ad esempio, non è vero che l’obesità è diffusa soprattutto nei Paesi ricchi, così come non è vero che lo spreco alimentare sia colpa soprattutto dei Paesi più avanzati: anche le economie povere buttano via cibo pur in una fase diversa della filiera alimentare, non essendo in grado, ad esempio, di conservare gli alimenti. Il tema di fondo – conclude De Castro – è il disequilibrio tra domanda ed offerta in campo alimentare, causa di grandi fluttuazioni nei prezzi.
In questo quadro anche l’Italia deve fare la sua parte, ma il crescente consumo di suolo, nonché le insufficienti risorse destinate alla sua manutenzione non sono certo una risposta responsabile.”
“L’analisi di De Castro – conclude Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Consorzi Gestione Tutela Territorio e Acque Irrigue (ANBI) – ci conforta nella nostra ferma richiesta di una legge contro il consumo di suolo ed a tutela dell’agricoltura, del made in Italy agroalimentare, che deve essere scelta politica di un modello di sviluppo che su originalità, identità, distintività di prodotti e dei territori trova la forza per competere con quei valori sui mercati planetari.
Qui, continua Vincenzi, il ruolo dell’irrigazione, il cibo è irriguo e se l’acqua è il motore del cibo, Irriframe ne è il volto etico ed innovativo”.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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