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da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna
Politiche per la salute – Chiusura della maternità di Porretta, l’assessore Lusenti: “Noi vogliamo garantire alle donne e ai loro bambini più sicurezza e più qualità. Nessuna intenzione di smantellare l’ospedale: dal 2010 a oggi i servizi sono stati rafforzati”

Bologna – “Oggi, alla maternità dell’ospedale di Porretta, le condizioni non sono sicure. E questo non lo sosteniamo noi, ma tutti i documenti di programmazione sanitaria nazionale e internazionale. Noi invece vogliamo garantire a quelle donne e ai loro bambini condizioni di maggior sicurezza e di maggior qualità”. Queste le parole dell’assessore regionale alle Politiche per la salute Carlo Lusenti in risposta a una polemica “costruita sul nulla e su affermazioni radicalmente false”. L’Organizzazione mondiale della sanità, il Piano sanitario nazionale 2010-2013 e l’Accordo Stato-Regioni 2010 dicono che nelle strutture dove si è al di sotto dei 500 parti l’anno “ci sono condizioni di insicurezza, perché fissano i livelli di qualità a 1000 parti l’anno. Quindi – ribadisce Lusenti – 500 parti è stata definita come soglia minima di sicurezza”.

A Porretta nei primi undici mesi del 2013 non si è arrivati nemmeno a 100 parti, nel 2012 erano stati 160; numerose sono le donne del distretto “che autonomamente scelgono di venire a partorire a Bologna”. Lusenti ricorda inoltre la recentissima protesta di ginecologi e ostetriche di tutt’Italia, pronti a reiterare lo sciopero di un anno fa per chiedere nuovamente la messa in sicurezza dei punti nascita, “con la chiusura di quelli che effettuano meno di 500 parti l’anno come previsto dalla legge: sarebbero 128, in tutto il Paese, le maternità da chiudere”.

Sicurezza, in un punto nascita, significa garantire alla partoriente 24 ore su 24 l’assistenza neonatale, l’assistenza dell’anestesista e del ginecologo, “e queste professionalità – sottolinea l’assessore – si concentrano laddove c’è una struttura che già svolge un certo numero di parti l’anno”. Situazioni di estrema gravità quali un distacco precoce di placenta, un’emorragia durante il parto, problemi da ipossiemia del nascituro o problemi cardiologici non sarebbero affrontabili a Porretta.

Un percorso più sicuro per le donne dell’Alta Valle del Reno
D’ora in poi, per le donne che vivono nell’Alta Valle del Reno, l’evento del parto verrà comunque e sempre centralizzato, a Bologna, “ma non all’ultimo minuto, senza dover fare corse al Maggiore se qualcosa non va o c’è un’urgenza”. Già prima, nel caso di gravidanze a rischio, i parti avvenivano a Bologna, mentre solo le gravidanze fisiologiche venivano portate a termine a Porretta. “Ora invece l’Azienda Usl – spiega Lusenti – ha organizzato un percorso di presa in carico che escluda anche per le gravidanze fisiologiche ogni possibile rischio potenziale. Tanto più che l’elicottero non vola 24 ore al giorno, e le condizioni di viabilità non sempre sono sicure. La responsabilità vogliamo prendercela noi prima che capitino eventi avversi legati al mancato rispetto di regole chiarissime”. La donna in gravidanza verrà quindi presa in carico nei consultori del distretto di Porretta dal ginecologo e dall’ostetrica per tutti i nove mesi; dopodiché, quando arriverà a ridosso del termine, verrà accolta negli ospedali metropolitani di Bologna (Maggiore, Sant’Orsola e Bentivoglio) con la possibilità di alloggio gratuito in appartamenti convenzionati per chi sceglierà il Maggiore, “e questo è il massimo grado di personalizzazione”.

Nell’Alta Valle del Reno “ci sono sei sindaci su 18 che protestano contro la chiusura della maternità di Porretta, e che rappresentano circa 19mila cittadini sugli oltre 57mila del distretto. Noi continueremo a spiegare a sindaci e cittadini le ragioni della nostra scelta, ma la sicurezza delle donne e dei propri figli per noi è irrinunciabile”.

Altro punto importante, la chiusura del punto nascita “non è assolutamente, come qualcuno sostiene in modo del tutto strumentale, il primo passo verso un ipotetico smantellamento dell’intero ospedale”. Inaugurato nel 2010 – “e quindi con un investimento strutturale” – , da allora a oggi “i servizi sono aumentati, l’attività chirurgica è progressivamente aumentata, e si fanno 51mila prestazioni specialistiche l’anno. E’ stato coperto il posto di primario chirurgo e di primario internista: tutto questo dimostra esattamente il contrario di una volontà di chiusura o dismissione”.

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REGIONE EMILIA-ROMAGNA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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