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da: organizzatori

Liberamente ispirato al balletto Il lago dei cigni e all’atto unico di Anton Čechov Il canto del cigno

Coreografia e Regia
Fabrizio Monteverde
Musiche
P. I. Čajkovskij
Costumi
Santi Rinciari
Allestimento scenico
Fabrizio Monteverde
Assistente alle coreografie
Sarah Taylor
Maître de ballet
Piero Rocchetti
Costumi realizzati da Opificio della Moda e del Costume
Maschere realizzate da Crea FX Effetti Speciali
Video realizzati da Matteo Carratoni e Michele Innocente

Dopo il successo di Otello, prodotto dal Balletto di Roma nel 2009 e in corso di riallestimento al Teatro San Carlo di Napoli per il prossimo 10 febbraio, torna al Balletto di Roma il coreografo Fabrizio Monteverde. Tra i più apprezzati autori sulla scena italiana della danza contemporanea, Monteverde firma questa volta per la storica compagnia romana la nuova versione di un classico d’eccezione Il lago dei cigni, ovvero Il canto con debutto in prima nazionale il 15 novembre 2014 al Teatro Comunale di Ferrara.
Tra le suggestioni di una favola d’amore crudele e i simboli di un’arte che sovrasta la vita, Monteverde dà nuova vita ad uno dei più importanti balletti del repertorio classico su musica di P. I. Čajkovskij, garantendo quell’originalità coreografica e registica unica che da sempre ne caratterizza le creazioni e il successo. Pretesto per una riflessione sottile sull’intreccio tormentato di arte a vita, il Lago di Monteverde trova nell’atto unico di Anton Čechov Il canto del cigno (1887) il proprio naturale compimento drammaturgico in un percorso struggente di illusioni e memoria.
Persi tra i ruoli di una lunga carriera, i danzatori di Monteverde, come l’anziano attore di Čechov, si aggrapperanno ad un ultimo Lago, tra il ricordo sofferto di un’arte che travolge la vita e il tentativo estremo di rimandarne il finale. Individualità imprigionate in una coazione a ripetere, sabotatori della propria salvifica presa di coscienza oltre i ruoli di una vita svanita, gli interpreti ripercorreranno la trama di un Lago senza fine, reiterandovi gesti e legami nella speranza straziante di sopravvivere al finale di una replica interminabile.

Titolo per eccellenza del repertorio classico, il Lago dei Cigni ben si presta ad essere pretesto di riflessioni sull’ambiguo legame tra arte e vita, nonché punto di partenza per comprendere se sia quest’ultima ad influenzare la prima o se, secondo un vecchio paradosso, non sia piuttosto la vita ad “imitare” l’arte. Capolavoro del balletto, sintesi perfetta di composizione coreografica accademica e “notturno” romantico, di chiarezza formale e conturbanti simbologie psicoanalitiche, il Lago è una favola senza lieto fine in cui i due amanti protagonisti, Siegfried e Odette, pagheranno con la vita la passione che li lega e sarà solo ultraterrena la felicità verso cui infine vedremo elevarsi i loro spiriti.
Una di quelle “favole d’amore in cui si crede nella giovinezza” avrebbe detto un altro grande russo contemporaneo di P.I. Čajkovskij, Anton Čechov, scrivendo ne Il canto del cigno di un attore ormai vecchio e malato “con l’anima fredda e buia come una cantina” che ripercorre in modo struggente i grandi ruoli di una lunga carriera. Con dichiarata derivazione intellettuale dal grande scrittore russo, la nuova proposta coreografica di Fabrizio Monteverde porta in scena un gruppo di anziani danzatori che provano l’eventuale messa in scena de Il lago dei cigni come “inevitabile” percorso memoriale d’arte e di vita, tentando, nell’illusoria ricerca di un lieto fine, di vincere la battaglia contro il tempo attraverso la sola cosa che possano, e forse sappiano, fare.
Crudele, solipsistico, grottesco jeu de massacre che mescola teatro, immagine e danza, questo “lago dei cigni/canto del cigno” scava in quella zona “neutra e incolore” in cui l’interprete si fa misteriosamente personaggio e lasciandosi alle spalle volgarità e minuzie della vita quotidiana finisce per ritrovarle, in un circolo di inquietante automatismo, ogni sera al calar del sipario. Si tratta di una ricerca costante e ininterrotta di unione e completezza che, come tutta l’arte, non conosce traguardo, allo stesso modo in cui il personaggio bifronte Odette/Odile, metà principessa e metà cigno, vive in una perenne metamorfosi che non giunge mai al pieno compimento; è questa l’autentica e geniale invenzione coreografica del balletto, metafora dell’arte stessa.

Esponente di una generazione di talenti esplosa negli anni Novanta, Monteverde svolge, da ormai trent’anni, un lavoro di elaborazione stilistica e drammaturgica che ne rende il segno
unico e riconoscibile. Sensibile alle suggestioni letterarie e teatrali, la contemporaneità coreografica di Fabrizio Monteverde si scorge nelle profondità invisibili di racconti senza tempo, tra le righe di narrazioni moderne e i risvolti psicoanalitici di favole antiche.
Collaborazione di successo, quella di Monteverde con la compagnia del Balletto di Roma, per cui il coreografo ha riallestito nel 2002 il proprio Giulietta e Romeo (debutto al Teatro Carlo Felice di Genova, 1989), diventato in breve uno degli spettacoli di danza più visti degli ultimi anni. Sempre con la compagnia romana, il coreografo ha realizzato produzioni importanti come Cenerentola, Otello e Bolero, puntualmente premiate da unanime consenso di critica e pubblico.
Maestro di uno stile energico e personale, Monteverde è autore di un movimento composto di intrecci e spostamenti di peso che ne orientano coerentemente equilibri e curve dinamiche. Il risultato è quello di una gestualità rotonda e morbida che richiama nel corpo l’intenzione del moto per esplodere infine in spigolosità nette e decise.
Il lago dei cigni, ovvero Il canto è la terza nuova produzione dell’anno del Balletto di Roma che con oltre 400.000 spettatori, più di mille spettacoli realizzati negli ultimi anni e da sempre sostenuta dal MiBACT, si conferma come una delle compagnie più attive sulla scena contemporanea della danza in Italia. Dopo il debutto del 15 novembre a Ferrara, la creazione sarà presentata nei più importanti teatri nazionali in un intenso tour invernale.

Personaggi e Interpreti

Odette
Roberta De Simone|Claudia Vecchi
Siegfried
Mirko De Campi|Placido Amante
Odile
Anna Manes|Azzurra Schena
Rothbart
Luca Pannacci|Michele Cascarano

LA COMPAGNIA
Placido Amante, Marcos Becerra, Michele Cascarano, Mirko De Campi, Roberta De Simone, Monika Lepisto, Anna Manes, Tayma Niane Baldò, Luca Pannacci, Raffaele Scicchitano, Azzurra Schena, Sophie Tonello, Claudia Vecchi, Stefano Zumpano

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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