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Da Gruppo Lega Nord Emilia e Romagna

Il consigliere regionale della Lega, Matteo Rancan, primo firmatario della Risoluzione che impegna la Giunta ad attivarsi, per quanto di sua competenza, perché in tutte le scuole emiliano – romagnole continui ad essere affisso il crocifisso, in conformità con quanto previsto dai Regi decreti n.965 del 1924 e n. 1297 del 1928; dal Consiglio di Stato n. 556 del 2006 e dalla sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo del 18 marzo 2011. La candidata del Carroccio alla presidenza della Regione, Lucia Borgonzoni: “Rappresenta la storia, la cultura, i valori e le tradizioni della Regione e di tutta l’Italia”.

“Ad oggi la disputa sulla presenza del crocifisso nelle scuole è quanto mai campata per aria: il crocifisso resta nelle aule scolastiche perché così impone la legislazione vigente. Spiace sottolinearlo, ma il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramenti, deve studiare di più”.

Così il consigliere regionale della Lega, Matteo Rancan, primo firmatario della Risoluzione che impegna la Giunta ad attivarsi, per quanto di sua competenza, perché in tutte le scuole emiliano – romagnole continui ad essere affisso il simbolo cristiano.

“La scelta di esporre il crocifisso nelle aule scolastiche è il risultato di una serie di interventi della legislazione italiana dall’epoca risorgimentale ad oggi – si legge nel documento firmato anche da Gabriele Delmonte, Stefano Bargi, Fabio Rainieri, Daniele Marchetti, Marco Pettazzoni, Massimiliano Pompignoli e Andrea Liverani-: la normativa, relativa all’imposizione del crocifisso nelle scuole italiane, trova una prima indiretta indicazione nella legge Casati del 1859. Ad essa, sono susseguiti due Regi decreti (da ritenersi ancora in vigore in quanto mai abrogati) del 1924 e del 1928, relativi agli arredi scolastici delle scuole primarie e secondarie di primo grado, dove il crocifisso appare insieme al ritratto del re (aggiornato con il ritratto del presidente con l’avvento della Repubblica)”

Ma c’è di più: la presenza del crocifisso negli spazi pubblici è passata anche al vaglio del Consiglio di Stato, della Corte Costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo (2009).

Il Consiglio di Stato si è pronunciato due volte: la prima nel 1988 in cui ha ricordato che i due Regi decreti del 1924 e del 1928 sono tutt’ora vigenti, sottolineando che il crocifisso “a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendentemente da specifica confessione religiosa” e la seconda volta, nel 2006, quando il Consiglio di Stato medesimo ha ribadito “la valenza dei due Regi decreti”. In più, il Consiglio di Stato n. 556 del 2006 ha, inoltre, chiarito l’idea di laicità in Italia, sostenendo che “il principio di laicità non risulta compromesso dall’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche.

“Il crocifisso – aggiunge la candidata leghista alla presidenza della Regione, Lucia Borgonzoni- costituisce anche un simbolo storico – culturale; esso rappresenta un segno di identificazione nazionale. Insieme ad altre forme di vita collettiva e di pensiero, esso rappresenta uno dei percorsi di formazione del nostro Paese e in genere di gran parte dell’Europa, la cui origini cristiane non non possono essere né negate né cancellate”.

“D’altronde il crocifisso non è un simbolo discriminatorio, bensì richiama valori civilmente rilevanti ed è simbolo della cultura italiana e, come tale, ha anche una funzione educativa, a prescindere dalla religione professata: è la testimonianza delle radici del Paese. La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche non impedisce infatti agli studenti di altre culture e religioni di esprimersi, ma esprime che la laicità, tutelata dalla stessa Costituzione, è conseguenza delle radici cristiane d’Italia. Il rischio vero, infatti, è quello di intendere il concetto di laicità della scuola e dello Stato come luoghi privi di storia, di radici e di cultura. Pretendere che gli insegnanti e gli alunni siano privi di idee proprie. Uno Stato laico dovrebbe garantire a tutti di poter vivere la propria fede, non per togliere ma per aggiungere e tutelare; in questo modo la laicità diventa una ricchezza e non un impoverimento, ma il crocifisso nelle scuole non è una questione di fede, bensì di cultura” conclude Borgonzoni.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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