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L’Oculino è una creaturina assai strana.
Apparso dal nulla un giorno di tanto tempo fa, trascorre tutte le sue giornate ad osservare il mondo che lo circonda, senza far null’altro se non fissare ostinatamente questo o quello che abbia la ventura di passare nel suo ampio campo visivo. Non parla, non fa una mossa, lui osserva, e dall’alto della sua postazione vede tutto. Nessuno sfugge al suo sguardo indagatore. Tanto che l’autorità costituita, all’ennesima lamentela della timorosa comunità, pensò bene d’imporre al silente osservatore un’unica ma severa limitazione: esso non poteva in nessun caso indugiare il proprio sguardo su uno stesso individuo per più di due minuti!
Per controllare che l’Oculino rispettasse l’obbligo, vennero assunti alcuni sghiropetti che, noti per la loro onestà e soprattutto per essere dei proverbiali spioni, si appostarono nelle vicinanze per osservare di nascosto il solitario Oculino.
Nessuno poteva immaginare quali sgradevoli conseguenze subirono i poveri sghiropetti nell’eseguir l’incarico. Posso solo affermare che dopo poco tempo li videro correre come matti e allontanarsi senza più tornare.
Cosa realmente avvenne nessuno lo sa, qualcuno sospetta che gli occhi penetranti dell’Oculino abbiano ipnotizzato i suoi piccoli controllori facendoli impazzire, chissà…
Comunque, da quel giorno, degli sghiropetti non si seppe più nulla.
L’increscioso episodio alimentò altra incertezza tra gli abitanti della comunità. Fra essi iniziarono ad insinuarsi curiose dicerie che avevano come protagonista, suo malgrado, il solito Oculino.
La più diffusa sostiene che lo sguardo dell’Oculino sia, se preso in dosi massicce, veicolo di sventura.
Se passeggi per le vie del centro e cominci a grattarti la testa è assai probabile, si dice, che gli occhietti vitrei dell’Oculino si siano posati su di te oltre il lecito. In questo caso puoi rivolgerti alle autorità e protestare per l’abuso, un pubblico ufficiale avrà l’incarico di verificare se l’Oculino ha trasgredito alla regola già menzionata.
Nell’ipotesi vi sia stata infrazione, il Fissatore verrà punito con la bendatura coatta per un periodo dai due ai cinque giorni massimo.
A tal proposito, qualche tempo fa, l’Oculino Fissatore scelse di appollaiarsi in cima alla torre di Mastro Formigallo, il fornaio del paese. Mastro Formigallo, accortosi della presenza dell’Oculino, andò su tutte le furie e tentò di cacciare l’ospite indesiderato, questi non ne volle sapere e per tutta risposta cominciò a fissarlo con insistenza.
Mastro Formigallo, soggiogato dall’implacabile sguardo, s’impaurì non poco e si rassegnò lasciando che restasse nascosto sulla cima della sua torre.
Da quel momento l’imperturbabile Oculino poté controllare indisturbato tutto il paese. La sua nuova postazione lo rese invisibile agli abitanti di Verdonia, i quali, ignari , credettero che il Fissatore se ne fosse andato via per sempre, come del resto avevan già fatto gli Sghiropetti.
L’unico a conoscere la verità era ovviamente Mastro Formigallo, ma si guardò bene dal raccontarla.
Una mattina Pietro Mangiasassi andò a trovare il suo amico Mastro Formigallo, i due si conoscevano fin da piccoli e avevano la comune passione per le pietre preziose. Mastro Formigallo le collezionava, mentre Pietro Mangiasassi, quando poteva, ne faceva grandi scorpacciate.
Occorre precisare che molti anni prima, quando entrambi lavoravano come minatori, i due amici trovarono un enorme giacimento di gemme pregiate con le quali accumularono una fortuna che cambiò per sempre le loro vite: Mastro Formigallo poté finalmente realizzare il suo sogno di costruire la più alta torre di Verdonia, per poi aprirvi quella che divenne la più rinomata panetteria della città; Pietro Mangiasassi invece poté esaudire il suo vecchio desiderio di montare la più potente antenna mai inventata, che gli permettesse di starsene spaparanzato davanti alla tv tutto il santo giorno a guardare ciò che accadeva in superficie, ovvero a Mondodisopra.
Quel giorno i due amici si misero a giocare ai dadi, la posta in palio era un cesto pieno di rubini.
“Bellissimi!” pensava Mastro Formigallo.
“Buonissimi!” sospirava Pietro Mangiasassi.
Così, tra un rubino e l’altro, trascorsero tutta la giornata in reciproca compagnia fino a sera. Quando giunse il momento dei saluti, Pietro, incamminatosi verso l’uscita, s’accorse di qualcosa di strano.
In effetti qualcosa di strano c’era davvero: alzato casualmente lo sguardo verso il soffitto, Pietro Mangiasassi notò due sfere bianche che rilucevano pallidamente nella semioscurità attraverso il lucernario di cristallo, dopo pochi istanti le sfere luminose scomparvero.
A quella visione Pietro si avvicinò all’amico e, puntando il dito verso l’alto, gli chiese: «Senti un po’, per caso ospiti qualcuno al piano di sopra?»
«Che dici?» rispose stupito Mastro Formigallo, «Cosa te lo fa pensare?
«Mah, mi pareva di aver visto qualcosa… come delle luci. Saranno i rubini che ho mangiato… Credo di non averli ancora digeriti…» s’affrettò a dire Pietro.
Ma Pietro non ne era convinto, rimase sulla porta a guardare il lucernario, aspettava di scorgere di nuovo quelle strane luci. E intanto osservava pure l’amico, che era sempre più in imbarazzo.
Mastro Formigallo stette per un po’ in silenzio, poi abbassò lo sguardo a terra e con una voce appena sussurrata confidò: «Forse non ti sei sbagliato…»
«Che vuoi dire, spiegati!» lo incalzò Pietro.
Mastro Formigallo allora prese coraggio, e rivelò all’amico il suo segreto: «Caro Pietro…» disse, «Devo farti una confessione. Ricordi tempo fa, quando comparve in paese un tale Oculino Fissatore che importunava col suo sguardo i passanti sulle pubbliche vie?»
«Certamente!» rispose Pietro Mangiasassi, «Ne avevo sentito parlare. Poi mi pare se ne fosse andato…»
«Nient’affatto! È ancora tra noi!»
«Davvero? E dov’è?»
«È qua… ehm… in casa mia!»
«Ma allora… là sopra…»
«Certo! È lui… rintanato in cima a questa torre!»
«Voglio conoscerlo! Portami su e presentaci!»
“Non so se sia il caso, e poi è tardi…»
«Insomma, se non mi porti tu salgo da solo!»
«Vabbè se insisti… È che il suo sguardo mi mette i brividi.»
Detto questo, Mastro Formigallo accompagnò Pietro in cima alla torre. I due salirono le scale, giunti al piano superiore si fermarono davanti ad una porticina chiusa, bussarono.
Nessuno rispose, ma dopo qualche minuto d’attesa la porticina s’aprì.
Oltre la soglia li attendeva una creaturina pallida e minuta, con due grandi occhi liquidi e penetranti.
Pietro, perplesso, pensò: “Possibile che la gente di Verdonia abbia timore di costui? Mi sembra così innocuo e pacifico…”
I tre si osservarono per un po’, nessuno disse una parola.
Poi l’Oculino con un sospiro si girò, fece qualche passo, si appostò in un angolino della grande finestra che dominava la cima della torre e, disinteressandosi dei suoi visitatori, iniziò a contemplare il mondo sottostante.
Pietro guardò l’amico con aria di rimprovero e disse: «Mi meraviglio di te! Come fai a temere questa creatura? Non ti sei accorto della sua malinconia?»
«Ma Pietro…» protestò Mastro Formigallo, «Tutti lo temono! Si raccontano cose su di lui da far accapponare la pelle! Ma hai notato il suo sguardo? Ti fissa in un modo che pare voglia entrarti dentro… Poi non dice mai nulla…»
Pietro scosse la testa e spiegò: «Ma è possibile che tu non abbia ancora capito? Lui non parla perché non può: è muto! Sono i suoi occhi a parlare! Lui si esprime attraverso il suo sguardo… è così semplice…»
«Ma io… come potevo immaginare…» balbettò Mastro Formigallo.
Pietro allora sbottò, e investì il povero Mastro Formigallo con una delle sue proverbiali invettive: «Siete tutti quanti così rivolti verso voi stessi che appena incontrate uno diverso da voi lo additate con sospetto e timore! Ci costruite sopra chissà quali fantasie e lo emarginate da tutto e tutti con l’arroganza di chi crede che non possa esistere nient’altro, a parte la propria banale e rassicurante normalità!»
Mastro Formigallo lo guardò con aria affranta, le parole di Pietro avevano toccato la sua coscienza. Con un filo di voce disse: «Mi dispiace, non avevo capito… Io e tutti gli altri credevamo che fosse una minaccia solo perché non lo conoscevamo…»
Pietro sentì che l’amico aveva parlato con sincerità, gli posò una zampa sulla spalla e lo rassicurò: «Amico mio, dispiace a me d’averti rimproverato. Il tuo comportamento era dettato dalla paura, paura generata dall’ignoranza, paura tramutata in crudeltà!»
I due amici uscirono dalla stanza dell’Oculino, che, affacciato alla finestra e incurante di loro, era assorto nella sua contemplazione.
Pietro richiuse la porticina e discese le scale preceduto da Mastro Formigallo. Erano entrambi silenziosi, pensavano al piccolo Oculino rimasto solo, come sempre, a guardare il mondo dalla sua finestra.
Arrivati in basso, Pietro ruppe il silenzio: «Senti, avrei un’idea… Ti disturbo se per stanotte rimango qui da te?»
«No, anzi… Ma cos’hai in mente?» chiese incuriosito Mastro Formigallo.
«Nulla di particolare, è che vorrei conoscere un amico in più…» rispose Pietro, e così dicendo risalì le scale e si diresse verso quella porticina chiusa.
Giunto davanti all’uscio, si sporse dalla balaustra, guardò un’ultima volta il padrone di casa che era rimasto al piano di sotto e lo salutò: «Buonanotte.»
«Buonanotte.» fece l’altro.
Pietro girò la maniglia e aprì la porticina.
Sorrise ad un nuovo amico ed entrò…

Storia e illustrazioni di Carlo Tassi

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Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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