Skip to main content

LA RIFLESSIONE
Quando il vento non faceva il suo giro

di Pier Luigi Guerrini

Credo che in ogni stagione della nostra vita ci siano dei temi prevalenti, dei pensieri che ritornano ma con spessore e profondità differenti. Molto spesso, però, i pensieri, le tracce non si svelano, restano nascoste. I motivi possono essere i più vari. Ne elenco alcuni di una lista che è senz’altro lunga quasi quanto il numero degli abitanti di questa terra… La cosiddetta “sfera dei sentimenti e degli affetti” e la difficoltà nell’esternarli, la riservatezza, il timore di non essere capiti, la preoccupazione (molto spesso, la disperazione o la rabbia) di non farcela a sostenerne il peso delle responsabilità, la durezza della vita nella sua materialità quotidiana che ti ricaccia in gola tutto quello che ha a che fare coi desideri, oppure progetti politici o sogni realizzati solo a metà o per niente che, col tempo, ti pesano un po’ di più…Un avvenimento, un soggetto che ti ritrovi periodicamente a ripercorrere può essere anche frutto di un nodo che senti non risolto. Senti il bisogno di sapere, di conoscere, di capire. Sciascia scriveva che “le cose che non si sanno, non sono”…e poi, quando ti sei avvicinato per approssimazioni e credi di aver capito, vorresti che le finestre fossero riaperte, che all’aria fosse permesso di nuovo di fare il suo giro naturale.
La causa può risiedere in un periodo della tua vita passata che quell’avvenimento ha condizionato facendoti fare scelte differenti, cambiando/ti l’orizzonte. Scelte di vita ad aria condizionata. Ricordo che mio padre raccoglieva cartoline su cartoline, di ogni parte del mondo… e tanti francobolli. Lavorava alla Cartiera Burgo in via Marconi e ogni tanto arrivava a casa con queste immagini, sogni di viaggi irrealizzabili oppure trovava libri scartati. Di quelle raccolte, me ne sono rimaste tante. I viaggi, probabilmente, li ha sublimati attraverso l’impegno sindacale nella Uil che gli dava ogni tanto la possibilità di andare a vedere qualche immagine di città in movimento durante le mezze giornate di pausa dei convegni. Mio suocero, invece, ha letto tantissimi libri sulla Seconda Guerra Mondiale, poi gli piaceva spesso condividere con me le sue riflessioni su quelle letture. Mi diceva che quella guerra gli aveva rubato diversi anni della sua gioventù e questo nodo cercava di risolverselo così…

Io, in questi anni, ho letto molti libri, documenti, testimonianze focalizzate sul cosiddetto “affaire Moro”. In tempi recenti, sono riuscito ad incontrare in diverse occasioni e contesti differenti, e far conoscere ai cittadini ferraresi, alcuni studiosi (Sergio Flamigni, Ferdinando Imposimato e Giovanni Fasanella) che dall’approssimazione e dalla ricerca di una verità più convincente ne hanno tratto una motivazione supplementare che si è andata ad aggiungere (o sovrapporre) al loro “mestiere” di vita. Una motivazione che, ad esempio per Imposimato, ha avuto risvolti duri, tragici. Il terrorismo, non riuscendo a colpirlo, gli uccise il fratello, sindacalista della Cgil. Per me, quindi, il sequestro di Aldo Moro e la sua uccisione dopo 55 giorni di prigionia, l’uccisione dei cinque uomini della sua scorta nel momento del rapimento, è stato un avvenimento che ha condizionato, modificato il mio approccio alla politica. E’ stato come uno spartiacque di sangue che mi ha aperto gli occhi su quella parte di realtà (il mondo di sopra…), sulle sue liturgie, sulle sue modalità di rapporto con la società, tra la gente. Una trama complessa, piena di contraddizioni, di protagonisti da amare o da odiare, di collegamenti da fare tra mondi, realtà spesso non conosciute. Tra i miei ricordi di gioventù, è ancora ben presente quella mattina del 16 marzo 1978 quando nell’aula 3 della Facoltà di Lettere e Filosofia a Bologna ci fu un’assemblea “strana” con un gruppetto di giovani col volto travisato che presero il…”comando delle operazioni”, il controllo della presidenza dell’assemblea, pronunciando la tremenda frase “col sequestro dell’onorevole Moro e l’uccisione della sua scorta, oggi il movimento rivoluzionario ha fatto un salto di qualità”. Il contrasto nell’aula fu debole, qualche fischio, qualche grido di dissenso sommerso da tristi applausi. Io, ventiquattrenne, me ne uscii impaurito, col senno di poi, vigliaccamente impaurito con addosso un senso d’impotenza e di malessere crescente.
Nelle settimane successive, capii che quell’avvenimento avrebbe “piombato”, ridotto gli spazi di dissenso democratico dove ad ognuno di noi capitava di vivere. Fare politica, fuori dai partiti, nei movimenti di base, diventava molto più difficile ma la giovane età mi spingeva, nonostante questa crescente presa di coscienza, nella convinzione di essere “un miglioratore del mondo” (H. Hesse). Col passare degli anni, ho acquisito sempre più la consapevolezza che tante delle considerazioni o conclusioni temporanee che mi ero fatto su quegli avvenimenti erano sbagliate o, perlomeno, piene di tanti…vuoti.
Alcune indicazioni bibliografiche per l’approfondimento
F. Cassano, Approssimazione, Il Mulino, 1990
C. D’Adamo, Chi ha ammazzato l’agente Iozzino?, Pendragon, 2014
G. Fasanella e Mario Josè Cereghino, Il golpe inglese, Chiarelettere, 2011
G. Fasanella e Mario Josè Cereghino, Colonia Italia, Chiarelettere, 2015 (in uscita 29 ottobre)
S. Flamigni, La tela del ragno, Kaos Edizioni, 2003
S. Flamigni, Patto di omertà, Kaos Edizioni, 2015

sostieni periscopio

Sostieni periscopio!

Tutti i tag di questo articolo:

Redazione di Periscopio