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da: Associazione ilturco

Sabato 16 aprile è stato inaugurato il primo coworking del centro storico ferrarese.

Si parla molto, negli ultimi anni, di riqualificare le periferie e gli spazi pubblici in disuso – stazioni, caserme, magazzini. Ma anche nei centri storici italiani sempre più spesso si possono incontrare edifici disabitati o abbandonati: luoghi su cui vale la pena riflettere e investire se non si vuole che vada perso un patrimonio artistico, storico e architettonico fondamentale per l’identità e la crescita futura del territorio.

L’associazione ilturco – aperta nel gennaio 2016 da un gruppo di giovani professionisti che vivono e lavorano a Ferrara – ha provato a rispondere a questa esigenza di rilancio e valorizzazione: così è nato il primo coworking all’interno del centro storico estense. Si chiama ilturco, come l’associazione che l’ha ideato, e ospita dodici postazioni per chi ha bisogno di lavorare in un posto tranquillo, in un’atmosfera rilassante e stimolante allo stesso tempo.

Lo spazio è stato inaugurato sabato 16 aprile: si trova all’interno di un antico cassero ed è stato concesso all’associazione in comodato d’uso gratuito da una coppia di privati ferraresi decisamente lungimiranti. Ilturco infatti si è assunto la responsabilità di sistemare a proprie spese interni ed esterni e, quando cesserà il comodato d’uso, il coworking continuerà la propria attività a fronte di un regolare contratto d’affitto. Le ricadute positive di questa operazione coinvolgono i proprietari, che hanno un ritorno concreto sull’immobile, gli associati che potranno usufruire di uno studio condiviso, il quartiere intero perché l’attività rivitalizza una zona centralissima ma per molti versi marginale, dove passano poche persone e spesso si incontrano situazioni di degrado.

«Avviare un processo di rigenerazione urbana guardando alla dimensione privata non è facile, è un ambito delicato e quasi per nulla affrontato in Italia, perché quando si discute di questi argomenti si pensa sempre al pubblico – spiega Riccardo Gemmo, presidente dell’associazione -. Con ilturco abbiamo voluto provare questa strada, incerta e dall’esito non scontato, e oggi siamo contenti di poter presentare alla città un esempio concreto: il coworking c’è e invitiamo tutte le persone curiose a venire a trovarci».

Il vicesindaco Massimo Maisto, presente all’incontro, ha sottolineato come «l’abitudine a ragionare sui grandi spazi ci può far perdere di vista il potenziale inespresso di realtà più piccole ma ugualmente importanti, nell’ottica di promuovere sempre meglio Ferrara come città di arte e cultura. In questi giorni di ricorrenze e anniversari, penso all’Ariosto e a Bassani, è fondamentale volgere uno sguardo anche alla contemporaneità. Ilturco rappresenta un ottimo esempio di ciò che si può realizzare per crescere in questa direzione».

Marcella Zappaterra, ex presidente provinciale, attualmente consigliere in Regione, si è complimentata per il coraggio dimostrato dall’associazione, e ha ribadito il sostegno delle istituzioni: «è evidente il grande lavoro svolto, l’augurio è che questa esperienza possa generare concrete possibilità occupazionali per i ragazzi che hanno speso il loro tempo, il loro impegno e la loro professionalità in questa iniziativa».

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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