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da: Mario Zamorani, Pluralismo e dissenso

Il prode Anselmo alle Crociate. Soldi pubblici alla Chiesa. Qoélet. Rispetto delle procedure costituzionali.

Il prode Anselmo era avvezzo alle Crociate, e “poich’egl’era molto scaltro/andò in guerra e mise l’elmo/mise l’elmo sulla testa/per non farsi troppo mal/e partì la lancia in resta/a cavallo di un caval”; ma fu sfortunato e così continua la poesia:  “quando presso ai salamini (isola di Salamina)/sete ria incominciò/e l’Anselmo coi più fini/prese l’elmo e a bere andò/ma nell’elmo, il credereste/c’era in fondo un forellin/e in tre dì morì di sete/senza accorgersi il tapin”.

Il Vescovo di Ferrara l’aveva detto. “Noi cristiani dobbiamo molto alle Crociate”. E nella sua ultima, per ora, Crociata, l’elmo sulla testa e la lancia in resta, anche se non a cavallo di un caval, il Vescovo ha sostenuto che “lo Stato che legalizza l’aborto non è più democratico”. Si potrebbe rispondere affermando che lo Stato non si occupa di peccati ma del benessere dei cittadini o che con la legge sull’interruzione di gravidanza si è debellato il fenomeno terribile e mortale degli aborti clandestini, o che nel 1981 un referendum popolare confermò la legge del 1978 con il 68% dei consensi e che uno Stato è antidemocratico se non rispetta le consultazioni popolari previste dalla Costituzione, ma preferisco rispondere altrimenti.

Nel 2007 Curzio Maltese, in collaborazione con Carlo Pontesilli e Maurizio Turco, ha prodotto un corposo documento pieno di conti. Il prezzo della casta politica, allora, era calcolato in quattro miliardi di euro all’anno mentre il costo della Chiesa cattolica per i contribuenti italiani superava tale cifra. Un costo enorme: un miliardo di euro dell’otto per mille,  650 milioni per gli stipendi dei 22 mila insegnanti dell’ora di religione, altri 700 milioni versati da Stato ed enti locali per le convenzioni su scuola e sanità, più  la voce variabile dei finanziamenti ai Grandi Eventi, dal Giubileo (3500 miliardi di lire) all’ultimo raduno di Loreto (2,5 milioni di euro), per una media annua, nell’ultimo decennio, di 250 milioni. Più un elenco immenso, nazionale e locale, di vantaggi fiscali concessi al Vaticano, con un totale che supera appunto i quattro  miliardi all’anno; questo nel 2007, forse oggi le cifre sono un po’ diverse ma, si può presumere, non così tanto.

E vien da pensare che per i più di quattro miliardi di euro/anno a favore della Chiesa lo Stato non sia poi così non democratico, dal punto di vista della Chiesa che quei quattrini li incamera.

Su questi due aspetti (da un lato le continue Crociate e dall’altro i denari)  troviamo parole scolpite nel Qohelét, o Ecclesiaste, grande libro sapienziale dell’Antico Testamento, curiosamente quasi di seguito. “Non essere precipitoso con la bocca e il tuo cuore non si affretti a proferir parola davanti a Dio, perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; perciò le tue parole siano parche, poiché: dalle molte preoccupazioni vengono i sogni e dalle molte chiacchiere il discorso dello stolto.” dalla Bibbia, testo ufficiale Cei, Qohélet 5, 1-2. E nell’ultima traduzione di Ceronetti: “La tua bocca non corra il tuo cuore non abbia fretta di sproloquiare davanti a Dio, perché nel cielo è Dio e sulla terra tu, dunque poche parole, chi troppo si agita va fuori di mente, nel prodigio di parola farnetica un idiota”. E poco oltre: “Chi ama il denaro, mai si saziadi denaro, e chi ama la ricchezza, non ne prae profitto. Anche questo è vanità.”,  Bibbia, testo ufficiale Cei, Qohélet 5,9. Traduzione di Ceronetti. “Chi cerca il denaro il denaro lo affamerà, chi pretende abbondanza trova penuria. Fumo è anche questo”. Ancora: “Un altro brutto malanno ho visto sotto il sole: ricchezze custodite dal padrone a proprio danno” Cei, Qo 5,12; e Ceronetti: “Vedo un male crudele sotto il sole, una ricchezza e chi la possiede vigilarla per lui sciagura”.

Da un Vescovo soggettivamente integro e per alcuni oggettivamente integralista ci si aspetterebbe almeno una parola contro una Chiesa che incamera oltre 4 miliardi di euro/anno da uno Stato abusivamente definito non democratico in forza del rispetto, dovuto, di procedure costituzionali.

 

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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