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Luisa Gallotti Balboni (foto Archivio centrale dello Stato, Senato della Repubblica)

In occasione del ritorno a Ferrara delle spoglie di Luisa Gallotti Balboni, prima Sindaca della città di Ferrara negli anni 1950-1958 e prima donna chiamata ad amministrare un Comune capoluogo di provincia in Italia, e dell’intitolazione a lei del Polo dell’Infanzia di via del Salice, pubblichiamo un suo ricordo di Daniele Lugli, presidente emerito del Movimento Nonviolento ed ex difensore civico della Regione Emilia Romagna.

di Daniele Lugli

Ci sono molte persone, in particolare donne, in grado di ricordarla, anche in questa circostanza, molto meglio di me. In primo luogo quelle che hanno realizzato il libro “Una donna ritrovata: sulle tracce di una sindachessa” (Spazio libri, 1992), curato da Delfina Tromboni e Liviana Zagagnoni, o quelle che le hanno, anche in tempi successivi, dedicato articoli. In copertina del libro c’è una bella illustrazione, opera di Paola Bonora: un filare di pioppi, o meglio di piope (in ferrarese è femminile), tutte alte uguali, ma una fa un’ombra più lunga. Così Luisa, donna tra le donne, ma con una singolarità che la contraddistingue: primo sindaco donna in Italia di una città capoluogo.
Ricordare Luisa Gallotti Balboni è importante per tutti, donne e uomini, per chi l’ha conosciuta e per chi non l’ha conosciuta, perché il suo nome viene legato a una scuola, perché me ne ha richiamato vivamente il ricordo. Di lei molto si potrà dire. Una sua biografia potrà credo essere messa a disposizione di tutti gli interessati. Non sarò io a fare questo. Dovrei dire della sua opera negli anni della ricostruzione di Ferrara, così duramente colpita dalla guerra, della sua azione per nuovi servizi, come la prima farmacia comunale, ancora in apprezzata attività, o della municipalizzazione della nettezza urbana o delle iniziative culturali. Mi limiterò invece a poche osservazioni legate al voto, delle donne e alle donne, al luogo che le viene intitolato, che è una scuola, e al mio ricordo personale.
Nel marzo del 1946 si vota anche a Ferrara per le elezioni amministrative, seguirà nel giugno il voto al referendum e alle politiche. Per le donne è la prima volta. La conquista del voto non è stata una passeggiata. Dopo la Prima Guerra Mondiale il voto alle donne è nel programma non solo dei socialisti, da molto sostenitori del suffragio universale, ma pure dei popolari e dei fascisti. Sembra cosa fatta: il 9 marzo 1919 è approvato un ordine del giorno per l’ammissione delle donne al voto amministrativo e politico. La legge è approvata nel settembre alla Camera, ma non giunge al Senato e quindi decade, per la caduta anticipata della legislatura, dovuta all’occupazione di Fiume da parte dei legionari di D’Annunzio. Fiume era governata, mentre se ne reclamava l’annessione all’Italia, dalla Carta del Carnaro, che prevedeva il diritto di voto alle donne. Come promesso, il Presidente del Consiglio Mussolini riconosce il suffragio femminile a partire dal voto amministrativo, ma la riforma degli Enti locali del 1925, non più elettivi, la rende inoperante. L’estensione del diritto del voto politico neppure si pone, venendo abolito anche per i maschi.

È del 31 gennaio 1945 il decreto legislativo luogotenenziale n. 23, che conferisce il diritto di voto alle donne maggiorenni, sollecitato da Togliatti e De Gasperi accogliendo la proposta sul voto e pieni diritti politici alle donne, avanzata fin dall’ottobre del 1944 dall’Udi e dalle altre associazioni femminili e ribadito con una lettera comune il 9 gennaio del 1945. Non basta però: con questo decreto le donne erano ammesse al voto, ma non erano ancora dichiarate eleggibili. Questa possibilità sarà attribuita il 10 marzo del 1946.
Quell’anno vengono elette a Ferrara due consigliere Luisa Gallotti Balboni e Maria Teresa Testa Pomini, entrambe nella lista del Pci, con 30.740 preferenze la prima e 30.739 la seconda. Il Partito comunista, che ha ricevuto la più alta percentuale di voti, dà prova assieme della sua attenzione al ruolo delle donne e della sua capacità organizzativa nel dosare le preferenze. Sono 2 donne in un consiglio con 50 componenti. Oggi a Ferrara le consigliere sono 8 su 33, in proporzione sono dunque sestuplicate. E i consigli comunali della provincia sono anche più femminili: nel totale la loro percentuale, rispetto a quella del 1946, è moltiplicata per otto. Nella Giunta che si costituisce non ci sono donne. Entrerà, come assessore alla Pubblica Istruzione e alla Cultura la Balboni appunto, alla fine del 1948, in un rimpasto di Giunta provocato dalle dimissioni del Sindaco e dalla morte del giovane Silvano Balboni, che non risulta parente del marito di Luisa, Pietro Balboni. Un precedente, a volerlo cercare, c’era: nella giunta nominata dal CLN alla Liberazione di Ferrara, di ben 15 componenti, 11 effettivi e 4 supplenti, tra i supplenti c’erano due giovani donne Angelina Bazzocchi, vedova Zanatta, e Gina Paolazzi, vedova Colagrande. I loro mariti sono stati fucilati al muretto del castello nel novembre del 1943. La loro presenza in giunta finisce però nel luglio del 1945 con la riduzione della Giunta a 12 componenti di cui 3 supplenti. Ora, su 10 componenti, nella Giunta di Ferrara 4 sono donne e la media è la stessa, considerate tutte le giunte comunali della provincia.

Il 25 marzo del 1950 Luisa Balboni viene nominata sindaco dal Consiglio comunale. Anche il Sindaco Curti, subentrato a Buzzoni, è stato fatto decadere. Travagliata è la vita della prima Amministrazione comunale elettiva alla cui guida si sono succeduti il sindaco Buzzoni, il prosindaco Marcolini, il sindaco Curti, già assessore con Buzzoni, il prosindaco Bardellini. L’elezione della Balboni è annullata dal Prefetto con una inconsistente motivazione, come sarà riconosciuto dal Consiglio di Stato nel novembre del 1951. La sua nomina non solo è in vario modo osteggiata. Ma appare quasi uno scandalo. Oggi nella nostra provincia su 23 sindaci in carica 7 sono donne. La situazione non è equilibrata, ma non è confrontabile con quella di allora: su oltre cento comuni capoluogo uno solo aveva un sindaco donna. Alla convalida della sua nomina Luisa si trova ad affrontare le molteplici urgenze legate alla rotta del Po. E’ allora che ne sento parlare a scuola dalla mia professoressa Antonietta Cavalini, che sollecita iniziative di solidarietà e vicinanza a nostri compagni – non ce n’erano in classe con me, ma in altre in forte rapporto con la mia classe sì – provenienti dalle zone alluvionate.

Qualche mese dopo la Balboni visiterà la nostra classe, che era sperimentale in vista della scuola media unica, arrivata dieci anni dopo, priva delle innovazioni che hanno caratterizzato la sperimentazione. La ricordo ancora alla mostra di fine anno dei lavori della nostra classe dedicati a Leonardo da Vinci, per i 500 anni dalla nascita. La Balboni è una donna di scuola, professione esercitata prima dell’impegno assorbente in ambito amministrativo e politico. Lo è per professione, insegnante di lingue, e per vocazione. A lei si deve in gran parte il consolidamento e la diffusione della scuola materna, sorta a Ferrara a partire dalla Casa del Bambino per iniziativa principale di quel Silvano Balboni prima ricordato che, esule in Svizzera, aveva stretto legami decisivi per quella realizzazione. Era stato il primo impegno dell’assessora, subentrando a Faust Athos Poltronieri, antifascista, già di Italia Libera, eletto nelle liste del Pci, collaboratore di Silvano Balboni nell’avvio della Casa del bambino.
Nella mia piccola esperienza di amministratore, prima a Codigoro e poi a Ferrara, le scuole per l’infanzia hanno rappresentato un elemento essenziale. Sento perciò come vivo e particolarmente vicino l’impegno nel settore di Luisa Balboni, prima come assessore e poi come sindaco. Nel maggio del 1952 è rieletta in Consiglio e di nuovo Sindaca, così pure avviene nel maggio del 1956. Non completa l’incarico per candidarsi al Senato dove viene eletta nel maggio del 1958. I senatori sono 315, le senatrici 3. Una è la nostra Luisa, le altre due sono le socialiste Giuliana Nenni e Giuseppina Palumbo. Un’annotazione: sia la Balboni, sia la Nenni, che ho ben conosciuto, sono elette nella nostra circoscrizione, coincidente con la regione. Ora le senatrici elette, in quello che forse sarà l’ultimo Senato elettivo, sono quasi cento. E nella nostra circoscrizione superano i maschi: sono 13 su 22.

Ho insistito su questi aspetti elettorali, a partire dalla istituzione che ci è più vicina, anche se non ritengo che il voto sia il solo e neppure il più importante strumento di democrazia operante. Considero però grave e preoccupante, proprio perché non priva di valide motivazioni, la disaffezione alla politica e alla partecipazione, anche alla più semplice che si esprime con il voto. Molte cose sono cambiate nelle nostre istituzioni e nelle nostre leggi elettorali dai tempi di Luisa Balboni. Molti altri cambiamenti si profilano. Alcuni non li ho condivisi, né condivido quelli che si sono decisi recentemente. Ma la mia opinione è rilevante solo per me. Molte speranze nella Repubblica democratica, succeduta a una dittatura ventennale, sono però certamente andate deluse, ma non è il disimpegno delle cittadine e dei cittadini che può porvi rimedio, può solo aggravare una crisi della democrazia e della convivenza civile, con danni per tutti e ciascuno. Nel dopoguerra c’era un Paese e una città da ricostruire su basi diverse da quelle che avevano portato alla dittatura e alla guerra. In questo Luisa Gallotti Balboni si è spesa. Oggi non è necessario un impegno minore, in una situazione che appare complessa e densa di pericoli. Parlare in una scuola d’infanzia è aprirsi alla fiducia e alla speranza, come mi ha insegnato Aldo Capitini : Il bambino è il figlio della festa; ogni data di nascita è un natale… una prova del portare al massimo il nostro impegno . Riandare col pensiero alla sindachessa, e quindi agli anni della mia formazione e di un piccolo, personale, sentito, impegno civile, mi è stato utile, spero non sia stato sgradito a voi.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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