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di Loredana Bondi

Caro direttore,

sabato ci siamo visti ed eravamo tanti a salutare Paolo Mandini. Aveva qualche anno più di me e lo conoscevo da tempo, come conoscevo bene la sua famiglia, quando ancora viveva nel “Borgo di San Luca” ed era assessore. Poi ci siamo incontrati in momenti particolari, sempre a parlare di questa politica ineluttabilmente in discesa di ideali e di idee. Ieri eravamo a salutarlo in un buon numero, da qualche politico attuale, ai vecchi sindaci, ai rappresentanti della Coop e amici di percorso politico che, nel tentativo di dare nuovo senso alla politica e alla vita sociale di questa città, si sono ritrovati per anni a disquisire sul che fare contro questa ineluttabile epoca della solitudine ideale e della povertà di stimoli verso il rinnovamento della partecipazione. Si, era una “piazza di vecchia generazione”, che purtroppo si ritrova solo per ricordare qualcuno che se ne va e non ha altre” piazze “ per incontrarsi e ridare forza a quel modo di vivere la vita che ha dato senso a tutti noi.

Dire che ciò rattrista molto, può sembrare una frase rituale soprattutto perché, di fatto , eravamo ad un funerale, ma ho parlato con molte persone e ciò che più mi ha colpito era una sorta di rassegnazione… non si parlava solo di Paolo, ma della resa incondizionata del partecipare, quasi addirittura una riscoperta di essere lì, ancora vivi, nonostante il tragico passare del tempo. Come se fosse passato non solo il tempo che ha segnato i tratti fisici di ciascuno di noi, ma quello, di un’assenza dell’entusiasmo, del credere in qualcosa, dello stare insieme per cambiare la vita di tutti, che ne ha, purtroppo, segnato l’anima.

La leggerezza (ed uso un eufemismo) con la quale la nostra bella sinistra ha calpestato principi, ideali di rinnovamento utilizzando spesso e volentieri metodi che se di malaffare non sono, rasentano comunque la mediocre bassezza e promiscuità dei mezzucci del clientelismo più bieco e individualista, ha mancato di lasciare esempi di vita ai giovani, a queste giovani generazioni che, nonostante tutto, si attendevano qualcosa di meglio per cominciare a vivere. E’ vero che il mondo nel frattempo è cambiato, si è velocizzata la comunicazione e si è persa la relazione interpersonale che metteva a dura prova pensieri e idee… ma il senso nuovo del vivere in questa società non possiamo solo rimpiangerlo ai funerali, soprattutto di un uomo che aveva capito che va combattuta questa omologazione al potere e al pensiero unico!

Evidentemente la piazza del “buon ricordo”, quella del funerale di qualche nostro amico e politico di un tempo, non basta a ridarci forza per ricominciare. Che fare allora, come diceva Silone chiudendo il suo romanzo Fontamara? Beh, sarebbe il caso che davvero potessimo ritrovarci in una piazza vera e tanto per cominciare anche in una virtuale come Ferraraitalia.it, per provare a rianimare (e rianimarci) la politica locale dalla quale, bene o male, non possiamo più permetterci di stare a guardare, di lamentarci della nuova politica senza etica e senza confronto coi cittadini, perché se continueremo a camminare ognuno per la nostra strada, il rischio veramente vicino sarà l’abbandono delle urne da parte dei tanti e la conseguente limitazione di democrazia. Io sono disponibile ancora a lottare perché qualcosa cambi.

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Cara Loredana, le tue riflessioni sono stimolo per aprire un serio confronto: su cosa sia diventata oggi la Sinistra, su quali valori esprima, su quale personale politico la rappresenti, a quali aree sociali faccia riferimento, per quali obiettivi sviluppi il proprio impegno, quali siano la visione e il progetto di società che intende realizzare. Bisognerebbe però avere la capacità di andare oltre l’analisi e spingersi sul terreno della proposta. Non mi addentro ora nella questione. Invito però i nostri lettori a esprimersi e intervenire, commentando o meglio ancora inviandoci le proprie riflessioni: le pubblicheremo. La piazza di Ferraraitalia è a disposizione. (s.g.)

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Redazione di Periscopio

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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