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5 Luglio 2020

Guerriere

Tempo di lettura: 4 minuti


C’è sempre e ancora quella sottile pellicola di fragilità e debolezza che avvolge le donne dell’immaginario collettivo, anche se oggi ci si limita a pensarlo perché non sarebbe politically correct esprimerlo ad alta voce. Un’idea dura da estirpare, nonostante l’evidenza. Eppure le donne hanno contribuito a far andare avanti l’Italia della pandemia, della difficoltà estrema, dello shock.
Ci ha pensato il grande disegnatore di fumetti Milo Manara, maestro dei comics, a rendere riconoscimento e omaggio al genere femminile impegnato a soccorrere, accudire, aiutare e dare un senso di quotidianità rassicurante alle giornate più buie. Uscirà a fine luglio “Lockdown Heroes”, una raccolta di 25 illustrazioni che rappresentano dottoresse, infermiere, commesse, operaie, poliziotte, ferroviere…, il cui ricavato verrà destinato all’Ospedale Sacco di Milano, al Cotugno di Napoli e al Policlinico universitario di Padova.
Il loro spirito battagliero, il coraggio irriducibile e l’abnegazione, hanno valso quella definizione, “Heroes”, meritata come tante medaglie guadagnate sul campo. Donne guerriere della nostra epoca, che non hanno nulla da invidiare alle eroine del passato di cui ci narra la storia, spesso accompagnate nelle loro battaglie da un alone di leggenda.

Artemisia, sovrana di Alicarnasso (VI – V secolo a.C.), accompagnò il re persiano Serse nella campagna contro i greci a Salamina, vestendo il ruolo di comandante. Nel vederla combattere, il persiano pronunciò la frase “I miei uomini sono diventati donne, mentre le donne sono come gli uomini”.
Una figura sorprendente è l’ultima grande donna del Medioevo, Caterina Sforza (1463-1509), Signora di Imola e Contessa di Forlì, soprannominata “tigre” per lo straordinario coraggio. Difese con i denti i suoi regni dalle pretese di annessione di Cesare Borgia, pianificando manovre e addestramenti per le milizie. Nella vita privata amava occuparsi di alchimia e di caccia. Visse tra complotti, infedeltà, minacce e violenze, matrimoni e vedovanze senza mai lasciarsi intimorire. Incinta di uno dei suoi figli, si asserragliò nel Castel Sant’Angelo per 12 giorni, minacciando il Vaticano a difesa dei  suoi territori. A 36 anni, con 8 figli, rimase vedova per la terza volta e dopo una breve prigionia a Roma, passò il resto della sua vita a Firenze.
Ching Shih, cinese, (1775-1844) passa alla storia come la pirata più potente che si conosca. Prostituta di Canton nel bordello di Guangzhou, sposò un pirata, e alla sua morte ne prese il posto.  Il suo esercito piratesco consisteva in 80.000 uomini e 1800 navi. Era considerata spietata e crudele ma attenta alle altre donne: nel suo codice di leggi per le donne prigioniere proibiva ogni violenza da parte delle ciurme, anche se poi le destinava come mogli ai suoi filibustieri. Fu sconfitta dall’esercito portoghese nel 1810 e si ritirò dalla pirateria, conservando i suoi bottini.
Un nome ricordato nella storia delle donne guerriere e in quella dell’imperialismo britannico è Rani Lakshmi Bai (1827-1858), proveniente da una famiglia altolocata della città di Varani, in India. Studia arte militare e combattimento e a 15 anni va in sposa al sovrano di Jhansi. Alla morte del marito e del loro figlio, rimane unica sovrana. Si ribella agli inglesi che vogliono annettere il suo regno e combatte strenuamente per due settimane, prima che la città cada. Si unisce ad altri leader della rivolta antibritannica e si batte con estremo coraggio, definita dagli inglesi “la più bella, intelligente e pericolosa tra tutti i leader indiani”.
La giapponese Nakano Takeko (1847-1868) fu una onna-bugeisha, una donna samurai che praticava le arti del combattimento per protezione. Fu a capo dell’esercito di guerriere che combattevano con la naginata, la temibile spada a lama ricurva. Trova la morte a soli 21 anni, nella battaglia di Aizu, durante la sanguinosa guerra civile che devastò il Giappone settentrionale.
Durante la II Guerra mondiale, Lyudmila Pavlichenko, Nancy Wake, Marina Raskava sono solo alcuni dei nomi da ricordare. Lyudmila, combattente nelle file dell’esercito sovietico dal quale era stata respinta inizialmente perché donna, fu uno dei migliori cecchini che la storia ricordi. Uccise 187 tedeschi solo nei primi due mesi di conflitto e divenne figura molto temuta. Nancy Wake, agente speciale britannica e comandante della resistenza,  si battè contro i nazisti, sabotando depositi e distribuendo le armi ai partigiani francesi. Specialista nelle fughe, venne soprannominata dai tedeschi “topo bianco”. Divenne il primo nome della lista dei ricercati dalla polizia nazista, con una taglia sulla sua testa di 5 milioni di franchi. Marina Raskava fu pioniera dell’aviazione russa e, delegata da Stalin, addestrava al volo le giovani reclute. Fondò le “Streghe della notte”, una flotta aerea al femminile, che pilotava aerei biplano di legno, sorvolando i bersagli e creando azioni di disturbo con un carico limitato di bombe.
La lista di guerriere sarebbe ancora lunghissima ma ne ricordiamo in particolare una: la giovane Asia Ramazan Antar, curda. A soli 16 anni è entrata nell’unità di protezione delle Donne, le truppe siriane femminili in lotta contro l’Isis e la dittatura repressiva di Bashar al-Assad. Giovane donna, simbolo di una resistenza eroica insieme ad altre sue compagne, è morta in combattimento nell’agosto del 2016.
Donne sensibili ed emotivamente vulnerabili che diventano leonesse quando la vita glielo impone, ora come un tempo.

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Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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