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3 Marzo 2017

Gli eventi all’Ibs

Tempo di lettura: 2 minuti


Da organizzatori

Che cosa succede nei territori italiani? Come stanno cambiando i rapporti tra popolazioni, territori e istituzioni pubbliche? Queste sono alcune delle domande a cui intende rispondere un ciclo di cinque incontri tematici che ruoteranno attorno alla presentazione di altrettante ricerche etnografiche.

Due sono i fili rossi che legano insieme questi lavori. Il primo è dato dal conflitto sociale che caratterizza alcuni luoghi simbolo dell’Italia contemporanea e che si intreccia esplicitamente con i territori in cui si manifesta. Il secondo è quello dell’intervento statale in situazioni emergenziali e non, e il suo impatto sul modo in cui lo spazio urbano è vissuto dai suoi abitanti e si modifica col tempo.

Il conflitto è il terreno comune in cui si incontrano gruppi sociali e istituzioni dello Stato, ognuno interessato ad applicare una particolare interpretazione dello spazio e a gestirla conseguentemente. Il caso dei movimenti No Tav, descritto da Alessandro Senaldi in Cattivi e primitivi e raccontato da Wu Ming 1 in Un viaggio che non promettiamo breve consentirà di discutere il modo in cui il conflitto attorno alla Val di Susa sia soprattutto un conflitto territoriale tra due differenti visioni dello spazio e dell’ambiente, e aiuterà a comprendere le ragioni degli uni e degli altri nonché la posta in gioco.

Ma è anche il “caso” del libro di Giuseppe Scandurra, ovvero di gruppi ultras che sempre più, anche in una città come Bologna, costruiscano il senso del loro gruppo e la loro “identità” in contrapposizione con quella dello Stato e di chi lo rappresenta, in particolare le forze dell’odine.

L’emergenza, invece, è il perno centrale di Politiche del disastro di Silvia Pitzalis, un’etnografia dei progetti di intervento, riallocazione e ricostruzione da cui emerge il senso di un mancato ascolto da parte dello Stato e l’attivarsi di risposte locali alla situazione post-terremoto autonome e spesso contrastanti alle iniziative pubbliche. Ed è il perno centrale anche dell’ultimo libro dell’antropologo Andrea Staid, proprio nel momento in cui l’abitare in mote città italiane è diventato un problema, un diritto quotidianamente negato.

I testi

Silvia Pitzalis, Politiche del disastro. Poteri e contropoteri nel terremoto emiliano, Ombre Corte. 8 marzo 17-30-18 e 45

Alessandro Senaldi, Cattivi e primitivi. Il movimento No Tav tra discorso pubblico, controllo e pratiche di sottrazione, Ombre Corte, 22 marzo 17.30-18.45

Giuseppe Scandurra e Leonardo Tancredi, Tifo Estremo. Storie degli ultras del Bologna, Manifestolibri,12 Aprile, 17-30-18 e 45

Andrea Staid, Abitare illegale. Etnografia del vivere ai margini in Occidente, Milieu Edizioni, 19 aprile, 17-30-18 e 45

Wu Ming 1, Un viaggio che non promettiamo breve, Einaudi, 17 maggio, 17-30-18 e 45

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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