GIAMBATTISTA GIRALDI CINZIO
a 440 anni dalla morte
Giambattista Giraldi Cinzio (1504-1573) fu un convinto aristotelico, cioè fautore del metodo analitico nella critica d’arte, si dedicò prevalentemente al teatro sia come autore che come critico e precisò il proprio pensiero al riguardo nel suo fondamentale Discorso intorno al comporre de i romanzi, delle commedie, delle tragedie e di altre maniere di poesia (1554). In particolare, le tragedie composte fra il 1541 e il 1562: Orbecche, Didone, Cleopatra, Antivalomeni, Eufimia, Epitia, Selene e Arrenopia, influirono in modo determinante sugli orientamenti letterari del tempo, infrangendo lo stile armonioso dell’umanesimo rinascimentale e instaurando un nuovo e più rigido classicismo. Basti pensare al sensibile influsso, nell’Orbecche e in altre tragedie, delle truculente atmosfere senechiane, dalle quali derivano il gusto dell’orrore e la predilezione per gli argomenti di sangue e di vendetta.
Giraldi Cinzio si cimentò inoltre con altri generi letterari, scrisse ad esempio una (ancor oggi) studiatissima favola drammatica, la famosa Egle (1545), nonché un poema: L’Ercole (1557), sfortunatamente non molto ben riuscito. Particolare successo ebbero gli Ecatommiti (1565), una silloge di centotredici novelle o racconti, in cui risultano evidenti il moralismo controriformistico dell’autore, il suo afflato neoclassico e la sua tendenza al “grandioso” e allo “smisurato”, quantunque non manchino qua e là pagine di sobria ma al contempo penetrante narrazione.
L’Orbecche, del 1541, è la più conosciuta tragedia di Giambattista Giraldi Cinzio. Composta in endecasillabi sciolti, è considerato il primo dramma moderno, di ispirazione classica, che si configuri suddiviso in atti e scene. La spaventosa vicenda, che attinge alla tipologia senechiana, è ambientata in Persia, dove la protagonista: la principessa Orbecche figlia del re Sulmone, sposa segretamente Oronte. Dall’unione nascono due bambini, però il matrimonio viene scoperto allorché il sovrano dispone che la figlia si sposi, scatenando la terribile ira di questi. Al cospetto di Orbecche vengono portate le membra straziate dei figli e la testa decapitata del marito Oronte, allora la donna si vendica uccidendo il padre Sulmone e poi espia il proprio delitto togliendosi la vita.
«La commedia pastorale nasce – scrive lo storico del teatro Giovanni Antonucci – quando la commedia rusticale mostra tutti i suoi limiti e le sue ambiguità di spettacolo “misto” e non ben definito. Ancora una volta è Ferrara a vedere la nascita del nuovo genere con la Egle di Giambattista Giraldi Cinzio, che rappresenta una vera e propria svolta con il suo recupero del dramma satiresco euripideo». Infine, forse non tutti sanno che l’Otello di Shakespeare «deriva da Giraldi Cinthio, – scrive l’esperto di teatro anglosassone Masolino d’Amico – il cui racconto per ragioni di ritmo drammatico è stato compresso in una sequenza serrata di pochi giorni».
Tratto dal libro di Riccardo Roversi, 50 Letterati Ferraresi, Este Edition, 2013
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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
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