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Da: Comune di Copparo Servizio Comunicazione

Questa sera (venerdì 5 aprile) alle ore 21 Gioele Dix porta in scena un
suo lavoro, dal titolo Vorrei essere figlio di un uomo felice –
L’Odissea del figlio di Ulisse, ovvero come crescere con un padre
lontano. Gioele Dix torna in scena con un monologo intenso, personale ed
estremamente divertente che ruota attorno all’idea della paternità: che
essa sia ignorata, perduta, cercata o ritrovata. Un viaggio che usa come
guida l’Odissea toccando liberamente lungo il percorso autori molto
amati e illuminanti legami con la storia personale e familiare
dell’attore.
In “Vorrei essere figlio di un uomo felice”, Gioele Dix racconta e
approfondisce alla sua maniera una vicenda letteraria e umana fitta di
simboli, recitando, raccontando, leggendo, e commentando, sempre insieme
al pubblico. Un recital vivace e documentato, fra suggestioni colte,
rimandi alla contemporaneità e tratti di improvvisa e affilata ironia.
Lo spettacolo si ispira ad un progetto andato in onda con successo su
Rai 5, che viene ora ripreso e attualizzato per tornare sui palcoscenici
in versione rinnovata e arricchita.
All’inizio dell’Odissea, Ulisse è assente e lontano. A Itaca, nessuno sa
se sia ancora vivo e se mai farà ritorno. Persino fra le vette
dell’Olimpo regna l’incertezza, e gli dei discutono a lungo sulla sua
sorte. Omero, come il più navigato degli sceneggiatori, sceglie di
ritardare l’entrata in scena del suo primo attore. E con lui,
l’apparizione di personaggi e avvenimenti strabilianti che renderanno
indimenticabile il suo viaggio: la maga Circe, il ciclope Polifemo, il
canto delle Sirene, la discesa nell’Ade, gli incantesimi della dea
Calipso. Tutto accadrà – o meglio, verrà rievocato da Ulisse in una
sorta di lungo flashback – dal quinto canto in poi. È forse per questo
motivo che i primi quattro canti dell’Odissea sono meno conosciuti e
frequentati. Eppure, in essi si racconta di un altro viaggio, meno
spettacolare, ma altrettanto determinante, quello del figlio di Ulisse
alla ricerca del padre.
Un breve, ma intenso romanzo di formazione in cui il figlio del
protagonista prova a uscire dall’ombra e imparare a crescere. Telemaco
parte da Itaca sulle tracce dell’illustre e ingombrante genitore che non
ha mai conosciuto, in un lungo itinerario per mare e per terra fitto di
incontri rivelatori, il giovane prenderà consapevolezza di sé e del
proprio destino. E quando Ulisse e Telemaco finalmente si incontreranno,
l’eroe invecchiato e sfiancato da una guerra inutile abbraccerà commosso
il giovane uomo cui cedere il suo scettro. La figura di Telemaco incarna
dunque la sorte di tutti i figli costretti a combattere per meritarsi
l’eredità dei propri padri. Per info 0532864580.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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