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da: organizzatori

Il giudice di Roma vorrebbe costringerla a vivere in una casa famiglia, impedendole di frequentare la scuola di ballo, ma gli amici di Ferrara lanciano un gruppo Facebook con più di 2000 aderenti in soli due giorni. Sullo sfondo, perizie pseudoscientifiche e centri di accoglienza più costosi di un albergo di lusso.

Solo pochi giorni fa è uscita la notizia di quanto rischia di succedere a una quattordicenne di Ferrara: un giudice del Tribunale di Roma vorrebbe allontanarla dalla madre, per destinarla a una casa famiglia. Questo, oltre a negarle drammaticamente gli affetti famigliari, renderebbe impossibile la frequentazione presso la prestigiosa scuola di danza Aida di Milano, dove è stata ammessa, e probabilmente rovinerebbe il suo sogno di diventare una ballerina professionista.
Ma la gente di Ferrara non ci sta. Alcuni amici della ragazza hanno fondato il gruppo “Amici della giovane promessa ferrarese della danza” che in due soli giorni è arrivato a più di 2000 iscritti, con commenti tra l’incredulo e il furioso: “Anche la danza adesso e motivo di allontanamento? Siamo davvero oltre la frutta…” – “Questi sarebbero da rinchiudere in manicomio sono pazzi i Servizi Sociali! Ma lasciate stare i bambini e le famiglie e andate a zappare la terra…” – “Sono i casini di una mala giustizia e di neuropsichiatri, figure inutili, quale professionalità? Ditemi voi a che serve e cosa cavolo fa un neuropsichiatra?” – “Diversi consulenti dei Tribunali minorili di Roma ma anche di Foggia, di Taranto, di Lecce, di Potenza ecc. non sono oculati, sono superficiali, impreparati e dannosi e il giudice di turno prende come verità tutto quello che hanno scritto con leggerezza”; decine di commenti, anche irripetibili.
La realtà supera la fantasia.
Il tutto nasce da una separazione conflittuale. Il padre trasferitosi all’estero è rientrato in Italia l’anno scorso chiedendo di costruire un rapporto con la figlia ormai preadolescente. La madre acconsente senza problemi finché la figlia non inizia a mostrare avversione per le visite con il padre. Viene quindi chiamato il Tribunale e il giudice – ascoltando la ragazza – viene a conoscenza di alcuni atteggiamenti troppo morbosi da parte del papà. Viene quindi presentata una denuncia: l’incidente probatorio è fissato per il prossimo ottobre.
Come spesso succede in questi casi, il giudice richiede il parere di un Consulente tecnico d’ufficio, un neuropsichiatra infantile di Roma, al fine di comprendere meglio la vicenda. Secondo lo psichiatra, la bambina va allontanata dalla madre. La (cosiddetta) perizia è tutta un programma: “Nessuno [degli] attori della vicenda è mai stato ricoverato in un servizio psichiatrico, né abbiamo certificazioni ed esami che ci mostrino ed evidenzino uno stato di psicopatologia dell’uno o dell’altro. D’altro canto la situazione è fortemente patologica e si trascina da circa dodici anni, ci è quindi necessario definire cosa intendiamo per patologia al di fuori, o meglio, oltre la nosografia psichiatrica.”
La nosografia è lo studio puramente descrittivo delle malattie. L’ultima frase, in parole povere, significa: ‘non ci risulta che queste persone (inclusa la ragazza) soffrano di una qualsivoglia malattia psichiatrica assodata, perciò ce la dobbiamo inventare’.
Non si tratta di un caso isolato. Uno psicologo di Trento ha scritto in una perizia che una violenza sessuale era una “mancanza di delicatezza”, mentre uno psichiatra, sempre di Trento, ha accolto un papà per una consulenza in pantaloncini e ciabatte, e in un altro caso ha diagnosticato una malattia mentale a una mamma in soli 45 minuti, facendole perdere la custodia del figlio.
Perizie pseudoscientifiche e rimborsi d’oro per i centri di accoglienza
Tutto ciò ha origine dalla discrezionalità di discipline come la psichiatria e psicologia e porta a innumerevoli abusi ed errori, come scrive sagacemente lo psicologo Giuseppe Raspadori: “È l’unico campo, si badi bene, in cui avviene che uno «scienziato» possa permettersi il lusso di diagnosticare una patologia grave e un altro suo pari affermare che la stessa persona è perfettamente sana. Non avviene in nessun altro campo della medicina. Ma nessuno batte ciglio, o osa chiedere i danni di tanto arbitrio, o mandare tutti al diavolo.”
Forse sarebbe ora di “mandare al diavolo” queste discipline da qualsiasi ambito giuridico: molti, troppi, bambini soffrono a causa di queste valutazioni discrezionali. Per di più le famiglie o le parti meno abbienti non hanno la possibilità di difendersi adeguatamente per via dell’alto costo delle consulenze di parte – un grosso affare per i centri di accoglienza che, per ogni bambino, ricevono dallo Stato un pagamento di svariate centinaia di euro al giorno: più cari di un hotel a 5 stelle!

Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlu

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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