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Il capogruppo della Lega in Regione alza il sipario su quello che, nella pratica, “è solo uno specchietto per le allodole”

“Oggi la farsa del nuovo regolamento per l’accesso alle case popolari è stata messa nero su bianco. Fingendo di voler sanare una gravissima discriminazione a scapito dei cittadini italiani, nell’assegnazione degli alloggi Erp, la giunta regionale ha teoricamente esteso anche ai cittadini immigrati la regola per cui chi possiede già un’abitazione, non può vedersi assegnato un alloggio popolare. Purtroppo, le modalità scelte per l’applicazione di questo principio ne annullano di fatto gli effetti positivi. L’esclusione infatti sarà basata sul deposito di un’autocertificazione a carico delle famiglie immigrate, mentre l’onere di eventuali controlli (difficilissimi da realizzare e soprattutto costosi) viene scaricato sui Comuni”.

Così il capogruppo della Lega in consiglio regionale, Alan Fabbri, liquida il dibattito in Commissione sui criteri per la concessione di alloggi popolari e non lesina un attacco frontale all’assessore al Welfare e alle Politiche abitative, Elisabetta Gualmini.

“Si tratta dell’ennesima presa in giro – attacca Fabbri – nei confronti dei cittadini emiliano romagnoli che da anni pagano le tasse contribuendo alla crescita e allo sviluppo dei nostri territori, ma che, per il welfare regionale, non contano più degli ultimi arrivati, ovvero delle centinaia di immigrati che sono di passaggio, che godono delle più svariate forme transitorie di protezione internazionale e che, in molti casi, possiedono beni immobili in patria”.

Per la Lega il provvedimento dell’assessore Gualmini “è da buttare” non solo perché “nebuloso e fuorviante” ma perché “irrilevante e soprattutto inefficace sul piano dell’impossidenza”.

“E’ dall’inizio della legislatura che la Lega sottolinea la necessità di vietare, tout court, l’assegnazione di case popolari a immigrati che, in patria, vantano una o più proprietà immobiliari” ricorda il capogruppo leghista -. E per farlo – aggiunge – basterebbe attenersi all’art. 3 comma 4 del Dpr 445/2000 e rendere obbligatoria per tutti i cittadini stranieri, all’atto dell’inoltro della domanda per l’assegnazione di un alloggio Erp, la presentazione di una certificazione rilasciata dalla competente autorità del Paese di origine, tradotta e autenticata dall’autorità consolare italiana, che ne riporti lo stato dei beni posseduti all’estero e ne attesti la reale situazione economica, escludendo a priori – dall’assegnazione di alloggi popolari – chiunque si riveli proprietario di immobili all’estero, in qualsiasi forma o percentuale” conclude Fabbri.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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