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Ferrara film corto festival

Ferrara film corto festival


di Maria Paola Forlani

Era da più di vent’anni che i ferraresi aspettavano questo momento: finalmente Casa Minerbi riapre i battenti, accogliendo la cittadinanza tra le sue mura. La città ritrova un grande contenitore colmo di capolavori. Mentre resta nell’assoluto abbandono Casa Cini e il suo patrimonio di biblioteche e opere d’arte.
Oltre alla parte museale con il ciclo di affreschi trecenteschi, il palazzo ospita una sala conferenze, l’Istituto di studi rinascimentali con la prestigiosa biblioteca Ravenna e il nuovo Centro studi bassaniani, inaugurato in occasione del centenario della nascita del noto scrittore ferrarese.

L’edificio è stato edificato attorno alla metà del Trecento dalla famiglia Del Sale. L’identificazione della committenza con questa famiglia è stata resa possibile grazie al riconoscimento dell’impresa araldica, un leone rampante con testa d’elefante, scolpita nei capitelli del loggiato e affrescata nei clipei della sala degli Stemmi.
Fino all’Ottocento i documenti e le notizie storiche, emersi da archivi e da indagini svolte in occasione dei restauri, sono insufficienti a definire i diversi passaggi della proprietà di casa Del Sale che si succedono nel corso dei secoli. Dalla seconda metà del Novecento la casa ha assunto per la sua identificazione il nome degli ultimi proprietari che l’hanno abitata: Minerbi e Del Sale. Nel 1995 il Comune di Ferrara e il Demanio dello Stato hanno acquistato dagli eredi Minerbi la proprietà dell’intero immobile.
L’edificio ha una pianta a forma di quadrilatero irregolare ed è esposto su due livelli, tra loro un tempo comunicanti probabilmente attraverso scale di legno.
Il piano terra presenta in facciata un portico a tre arcate dove, nei capitelli dei pilastri, è scolpito il simbolo araldico della famiglia Del Sale. In una delle due grandi stanze, con soffitti lignei, all’interno di una nicchia semitamponata è stato rinvenuto un affresco che raffigura San Cristoforo. Al primo piano in corrispondenza del portico è situato il salone delle Allegorie delle Virtù e dei Vizi. Da questo salone si può accedere attraverso un arco, di recente riaperto, a due ambienti. Sulla sinistra si trova la sala degli Stemmi, mentre sulla destra è situata un’altra sala le cui decorazioni sono completamente scomparse e resta solo un timpano affrescato con specchiature a finto marmo.
Casa Minerbi-Del Sale, oltre che per gli affreschi, riveste particolare importanza anche come testimonianza architettonica. Gli esempi di edifici privati trecenteschi che si sono conservati nella città di Ferrara e in generale nell’Italia Settentrionale sono, infatti, abbastanza rari e spesso hanno subìto trasformazioni tali da renderne difficile la lettura. Questo vale, per esempio, per il poco edificante restauro voluto dalla Diocesi di Ferrara della splendida (e ormai deturpata) Casa Cini in via Boccaleone Santo Stefano.
Gli studi del Salone delle allegorie delle Virtù e dei Vizi di Casa Minerbi, dal punto iconografico, sono incentrati prevalentemente sul rapporto di dipendenza tra il ciclo ferrarese e quello realizzato agli inizi del Trecento da Giotto nello zoccolo della cappella degli Scrovegni a Padova.
Il maestro di casa Minerbi, così denominato da Carlo Ludovico Ragghianti, ma che oggi viene chiamato Stefano da Ferrara, non ha lavorato da solo nella loggia superiore. Giustizia, Carità e Speranza, in rapporto alle altre allegorie, pur nella tenuta poetica sempre elevata, tendono a declinare in accenti più popolari e ciò si può ritenere dovuto all’intervento di un aiuto, pur ben inserito, negli stilemi del maestro. Si tratta comunque di immagini e di stesure gentilissime, in una composizione nuova e fresca per l’affacciarsi occhieggiante delle frotte angeliche degli esili profili e dai diafani colori.
Ancora da indagare resta l’iconografia delle teste inserite nei quadrilobi mistilinei che affiancano le allegorie.
Per quanto riguarda l’aspetto strutturale, la vicina sala degli Stemmi ha subito nel corso dei secoli diverse modifiche dovute all’apertura di porte e finestre che hanno distrutto in maniera irreparabile ampie porzioni degli affreschi delle pareti. Il tetto della sala è a capanna con capriate a vista e nelle pareti nord e sud ci sono timpani affrescati. Nel primo sono visibili decorazioni a finto marmo, nel secondo una scena di lotta o di gioco tra due personaggi affiancati dai rispettivi cani.
La decorazione pittorica ricopre tutta la superficie delle pareti. Nella parte superiore si trovano specchiature rettangolari a finto marmo, al cui interno sono disposte tredici losanghe romboidali contornate da cornici colorate di bianco, scorciate prospetticamente dal basso verso l’alto, che racchiudono una serie di teste di uomini e di donne raffigurati prevalentemente di profilo. Nella parte inferiore tutta la sala è avvolta da un finto velario giallo con bordo rosso appeso per punti così da formare profonde e ampie ricadute delle pieghe. La fascia centrale delle quattro pareti è composta da un reticolato a intreccio geometrico che può essere suddiviso in tre registri. Il registro in alto e quello in basso racchiudono una teoria di clipei dipinti a chiaroscuro a eccezione di due colorati presenti nella parete ovest che raffigura busti di profilo. Il registro centrale riporta in maniera seriale l’impresa araldica della famiglia Del Sale. L’effetto coloristico delle pareti è di grande impatto visivo e non si può non apprezzare il gusto per l’uso del colore presente in questa sala.
Quando i locali in cui si trovano gli affreschi furono adibiti a solaio, in epoca non precisabile, iniziò il degrado del ciclo ferrarese. Solo intorno al 1950 Giuseppe Minerbi, la cui famiglia possedeva la Casa fin dal secolo precedente, raccolse la sfida costituita dal recupero di tutto l’insieme dell’edificio, per renderlo vivibile. Esistono foto in cui Minerbi è immortalato in quegli ambienti tornati degni di una reggia, con gli affreschi curati sebbene non guariti.
In tali testimonianze intorno a lui si vedono celebrità come Giorgio Bassani insieme a sua madre Dora Minerbi, Riccardo Bacchelli con la moglie Ada, e ancora colui che operò l’esemplare restauro di casa Minerbi, l’architetto Pietro Bottoni.

Ora Casa Minerbi è tornata ‘luogo di cultura’, si apriranno le biblioteche e gli spazi agli studiosi ma, soprattutto, ai giovani in quell’armonia che con la ‘bellezza’ apre il cuore alla solidarietà e alla ricerca.
Resta il rimpianto, nell’antica Ferrara, dell’abbandono di quella donazione che il conte Cini fece alla città: la sua dimora, Casa Giorgio Cini, un tempo tempio della cultura e dell’accoglienza, ora distrutta da indefinibili e ambigue affittanze e spregevoli restauri, mentre all’interno splendidi saloni, caminetti e biblioteche piangono per il degrado architettonico e umano.
Questa è stata una scelta scellerata della diocesi estense che ha portato un edificio così caro ai ferraresi, al silenzio sulla sua storia.
Resta la speranza che, sotto la spinta all’amore, alla solidarietà e alla cultura di Papa Francesco, si decida di ricominciare dalla presto interrotta sperimentazione culturale di un tempo e di imboccare il prima possibile la strada così colma d’attese del suo mecenate, che l’aveva donata “ai giovani e alla cultura”, accendendo anche qui quei fermenti di entusiasmo ora così vivi nella nuova Casa Minerbi.
“Credono infatti che la vergogna più infamante
consista nell’annotare nei pubblici registri che
la città, allettata da una somma di denaro, e per
di più da una somma modesta, ha venduto e trasferito
legalmente su altri la proprietà di oggetti
ricevuti dagli antenati”.
(Cicerone, Quarta orazione contro Verre, 70 a. C.)

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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