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da: Associazione Culturale Ferrara Off

Domenica 19 giugno
Ore 19
Per la rassegna ‘Domeniche d’Estate’
Il pellegrinaggio della voce

incontro con Tahar Lamri

con l’intervento performativo dei partecipanti del Laboratorio teatrale con richiedenti asilo e rifugiati a cura di Roberta Pazi

Ingresso libero

Domenica 19 giugno alle ore 19, presso Ferrara Off Teatro, si terrà l’incontro con lo scrittore e giornalista Tahar Lamri, terzo appuntamento della rassegna ‘Domeniche d’estate’, dedicata ad incontri con la poesia e la letteratura.
Nato in Algeria, Tahar Lamri vive dal 1986 a Ravenna, collabora col settimanale ‘Internazionale’, scrive su ‘Il Manifesto’ e ‘Left’ ed è redattore di ‘CittàMeticcia’, una testata interculturale di Ravenna, oltre ad essere presidente della rete MIER (Media Interculturali Emilia-Romagna) e direttore artistico del Festival delle Culture di Ravenna. Organizza e prepara attività teatrali, o meglio di narrazione, e con i suoi testi ‘Il pellegrinaggio della voce’ e ‘Tuareg’ gira il mondo per incontrare persone e far conoscere la sua letteratura. In Italia ha pubblicato: ‘I sessanta nomi dell’amore’ (Mangrovie 2009), tradotto in inglese e in svedese.
L’incontro con Tahar Lamri sarà accompagnato dalla lettura de ‘Il pellegrinaggio della voce’, inframezzata dagli interventi performativi di richiedenti asilo e rifugiati, partecipanti al laboratorio teatrale a cura di Roberta Pazi. L’evento è in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, in collaborazione con la cooperativa Camelot e con il patrocinio del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati.
Il punto di partenza è la lingua d’origine: parole come suoni e non solo come significanti o significati, parole che diventano un flusso sonoro continuo, una musica, in grado di accomunare ogni cultura. Il teatro diventa il luogo ideale di incontro fra lingue e tradizioni diverse, in grado di offrire un’interazione arricchente fra attori e spettatori.
L’ingresso all’evento è libero, seguirà rinfresco in collaborazione con l’azienda agricola Bio Pastoreria.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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