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da: Ufficio stampa Mediamente

Che valore hanno le cronache nella costruzione dell’identità e della storia di una società? La recente digitalizzazione di una cronaca modenese offre spunto per riflessioni metodologiche e storiografiche. Domani alle 18 lo storico Adriano Prosperi è in diretta streaming per AGO Modena Fabbriche Culturali. Il programma prosegue sabato con un omaggio a Giordano Bertuzzi e un dibattito per fare il punto su un modello ancora valido per la salvaguardia del patrimonio

-La Cronaca come fonte documentaria e come luogo di elaborazione della memora della comunità cittadina: oggi alle 18 all’interno del programma di AGO Modena Fabbriche Culturali lo storico Adriano Prosperi riflette sul significato storiografico delle cronache nella ricostruzione della cultura nell’Italia seicentesca (la diretta è su http://www.agomodena.it). Lo fa partendo dalla Cronaca di Modena di Giovan Battista Spaccini, 1588-1636, che è stata digitalizzata dal Centro di Ricerca Interdipartimentale sulle Digital Humanities (DHMoRe) dell’Università di Modena e Reggio-Emilia ed è pubblicata su Lodovico, la digital library di Ago.

La prima stagione del programma di Ago è dedicata proprio alla trasmissione, al futuro del patrimonio culturale garantito dalle piattaforme digitali, ai loro usi e alle potenzialità di elaborazione culturale e artistica che esse possiedono. Il programma si snoda attraverso lezioni magistrali e conversazioni, release di patrimonio digitalizzato, installazioni artistiche: dieci appuntamenti in meno di un mese, in diretta streaming sul sito e sui social di AGO, in attesa di poter accogliere il pubblico in presenza.

I prossimi appuntamenti
Sabato 20 febbraio alle 11 un dibattito curato dall’Archivio storico del Comune di Modena fa il punto sull’attualità dei lavori Giordano Bertuzzi per la ricerca urbanistica su Modena. Esperto di storia ducale e di trasformazioni edilizie della città, Bertuzzi ha fissato un modello ancora valido per misurare il cambiamento e salvaguardare un patrimonio, in questo caso quello dei manufatti edilizi del tessuto urbano (con: Angelo Spaggiari, Matteo Agnoletto, Giovanni Cerfogli, coordina: Giuseppe Bertoni).

Cos’è AGO Modena Fabbriche Culturali
Un filo nuovo per collegare arte e tradizione umanistica, cultura scientifica e innovazione, una struttura capace di cucire insieme il lavoro di chi si occupa di materie umanistiche, di scienza, di tecnologia, di intelligenza artificiale, di innovazione educativa. AGO Modena Fabbriche Culturali fonda la propria identità l luogo architettonico da cui prende nome e missione – il Complesso Sant’Agostino di Modena – e al contempo opera per dare a quel luogo un profilo immateriale e culturale. Lo fa da connettore concettuale e comunicativo: tramite tale lavoro connettivo ambisce ad aggiungere valore alle attività svolte sul territorio da altri soggetti.
Situato nel cuore di Modena, in una parte significativa del centro storico della città sia dal punto di vista urbanistico che storico e culturale, si collega alla riqualificazione di un’ampia area (oltre 40.000 mq.) con un rilevante investimento finanziario (oltre 110 milioni di euro) mettendo a sistema il complesso costituito dall’ex Ospedale Sant’Agostino, dal Palazzo dei Musei, dall’ex Ospedale Estense. Partner del progetto sono Fondazione di Modena, Comune di Modena, Università di Modena e Reggio Emilia, MIBACT con le Gallerie Estensi.
Missione culturale di Ago è riflettere sull’impatto delle tecnologie su cultura ed esperienza contemporanea. Approfondendo in modo denso la realtà digitale, intende farla emergere come una dimensione che comporta una ridefinizione dei confini tra saperi ed esperienze.

E’ possibile seguire gli appuntamenti di AGO in diretta sulla pagina Facebook AGO Modena Fabbriche Culturali (@AGOModenaFaCultura) e sul sito www.agomodena.it

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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