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di Alcide Mosso

Ho letto con piacere la nuova replica di FLAI-CGIL, FAI-CISL e UILA-UIL di Ferrara che, con toni più pacati rispetto al precedente comunicato-stampa, firmato unitamente alle segreterie confederali del territorio (quanto onore!) e da voi pubblicato,intervengono nuovamente sul tema dei “voucher” nel lavoro dei campi.

Rammentando che anche Stefano Bonaccini, con una dichiarazione del 31 marzo, ha auspicato il ripristino di tale strumento in agricoltura e che nel panorama sindacale italiano non esistono solo CGIL,CISL e UIL, ritengo molto interessante la proposta di organizzare un pubblico dibattito.

Ritengo peraltro che il confronto debba avvenire fra i sindacati da un lato e le organizzazioni imprenditoriali agricole dall’altro. Io,infatti, sono un rappresentante delle istituzioni e di un partito politico, non già la controparte delle associazioni sindacali di cui non chiedo certo lo scioglimento.Mi piacerebbe anzi vedere pienamente attuato l’articolo 39 della Costituzione.

Ho citato, ironicamente e provocatoriamente, Beppe Grillo (che chiese l’abolizione dei sindacati) perchè i pentastellati costituiscono la forza parlamentare più rilevante di un governo che non mi pare sgradito ai sindacati confederali (si accettano eventuali smentite), magari evitando le solite litanie (del tipo “per noi non esistono governi amici”), giacchè la storia e la cronaca ci parlano di situazioni assai differenti.

Se vi sarà un convegno o un pubblico dibattito (che CGIL,CISL e UIL potrebbero meritoriamente promuovere) a cui parteciperanno le associazioni datoriali da un lato e sindacali dall’altro,sarò ben lieto di intervenire e di portare il mio contributo su una questione che ho sollevato perchè mi sembra assai importante per il territorio ferrarese.

Concludo dicendo che anche a me, come a chi ha firmato la nota sindacale, non è ignota la fatica dei campi. Da studente, per “arrotondare”, anch’io – oltre a partecipare alla campagna saccarifera – ho spostato gli scaloni di ferro e le cassette della frutta, versando il mio sudore tra un frutteto e l’altro…

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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