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Da: Coldiretti

Trasparenza latte e derivati salvaguarda 18mila posti lavoro in Emilia- Romagna

Il via libera all’ etichettatura obbligatoria del latte e i suoi derivati da parte di Bruxelles salvaguarda in Emilia Romagna una filiera che dà lavoro a 18 mila persone. È quanto sostiene Coldiretti Emilia Romagna dopo il via libera di Bruxelles che ha consentito di fare un altro fondamentale passo avanti verso la trasparenza dell’informazione ai consumatori per ciò che portano nel piatto. Il via libera dell’Unione Europa va nella direzione da sempre sostenuta dalla stessa Coldiretti per l’indicazione obbligatoria del Paese d’origine o del luogo di provenienza per tutti i tipi di latte destinati al consumo diretto nonché ai prodotti lattiero-caseari. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme per la legge di iniziativa popolare ha portato all’ approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. Da allora molti risultati sono stati ottenuti anche in Europa ma – ricorda Coldiretti Emilia Romagna – l’etichetta resta anonima per circa 1/3 della spesa: dai salumi ai succhi di frutta, dalla pasta alla carne trasformata, dal concentrato di pomodoro ai sughi pronti fino alla carne di coniglio. Due prosciutti su tre – ricorda Coldiretti – sono venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione in etichetta, come pure i succhi di frutta o il concentrato di pomodoro dalla Cina i cui arrivi sono aumentati del 379 per cento nel 2015 per un totale di 67 milioni di chili.
‘Con l’etichettatura obbligatoria per latte e derivati – ha commentato il presidente di Coldiretti Emilia Romagna Mauro Tonello – le 250 mila mucche da latte presenti in regione potranno mettere la firma sulla propria produzione di latte, non solo per i 6 formaggi a denominazione d’origine, ma anche sui 12 formaggi iscritti all’ elenco dei prodotti tradizionali censiti a livello regionale che fino ad oggi restavano anonimi. Il provvedimento – ha concluso Tonello – è importante per essere più forti anche nella lotta all’ agropirateria internazionale che vede i prodotti emiliano romagnoli tra i più imitati al mondo’.

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COLDIRETTI


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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