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da: S.I. Cobas Bologna

Dieci giorni fa c’è stato un incontro del SI COBAS con le due cooperative che gestiscono il magazzino fino alla fine di aprile. L’incontro iniziato alle ore 11 si è chiuso in pochi minuti perché non era presente nessun rappresentante Sda e solo la committenza poteva rispondere ai quesiti da noi posti: confermare quello che era stato concordato a livello nazionale con noi e ADL sul fatto che i lavoratori in un eventuale cambio d’appalto restavano in capo al magazzino e non potevano essere sostituiti da lavoratori della cooperativa subentrante e la data entro la quale aprire una regolare gara d’appalto per decidere quale, uno solo, consorzio sarebbe entrato ad operare come fornitore nel magazzino.

Dopo aver sospeso l’incontro un rappresentante di uno dei due temporanei fornitori si metteva in contatto telefonico con la dirigenza della Sda per superare lo stallo che si era determinato.
In seguito a ciò tra il nostro coordinatore nazionale ed il direttore generale della Sda si è sviluppato un confronto telefonico nel quale la committenza proponeva a noi uno scambio: noi firmiamo ciò che ci avete richiesto ma voi accettate il piano di ristrutturazione che vogliamo portare avanti.
Quale era la proposta di Borgonovo, il dirigente Sda: riorganizzare il magazzino su un numero di lavoratori occupati pari ad un numero di 250-270 unità. Il pratica dai 240 ai 250 lavoratori dovevano accettare la cassa integrazione o l’esodo volontario.
Oggi in Sda ci sono circa 390 lavoratori a tempo indeterminato, 80 a tempo determinato e 40 interinali. Un salasso sulla ” carne” dei lavoratori che ci ha portato allo scontro.
Dopo due giorni di sciopero quasi totale (solo un manipolo di crumiri organizzati dal USB in accordo con le cooperative sono entrati a lavorare) la Sda, su indicazione del proprio referente poste, faceva una vera e propria serrata del magazzino.
Di fronte a quella che sembrava al momento una mossa illegale tesa a voler avere più peso nella trattativa con noi ci è stato proposto un confronto in Prefettura che si è svolto, però, su due tavoli separati e con la volontà di Sda di procedere senza mediazioni come un rullo compressore al l’eliminazione dei lavoratori. Oggi, giovedì veniamo a sapere da “fonti interne alle poste” che hanno deciso di chiudere da lunedì il magazzino mettendo fuori circa 510 operai.
La solita pantomima: di fronte ai 510 licenziamenti si scateneranno Cgil, CISL e UIL a chiedere di salvare il magazzino con almeno 250 lavoratori e gli altri 260 dovranno avere la Cassa integrazione.
Una sceneggiata concordata con la regia dei dirigenti delle Poste Italiane e che vede il sindacato di base USB bolognese che ha organizzato il crumiraggio contro i nostri scioperi complice sciocco in questa operazione. Noi cosa faremo?
Non passeranno: da sabato apriremo lo scontro che vedrà i facchini del nostro sindacato muoversi sul piano nazionale contro la politica Sda-Poste Italiane. Una battaglia difficile, ma che vinceremo perché siamo presenti in tutti i più importanti hub a livello nazionale

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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