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Da ufficio stampa

L’apicoltura di qualità va tutelata così come il miele che non contiene sostanze dannose per l’uomo
ed è un alimento sano e dall’alto valore nutrizionale
FERRARA – L’apicoltura emiliano-romagnola, nonostante un 2016 che ha visto cali produttivi di oltre
il 60% di miele d’acacia, tiene ed è in crescita. Cresce il numero di alveari in regione che – in base ai
dati non definitivi della Banca dati apistica nazionale – sono oltre 110.000 e crescono gli apicoltori
attivi, 2.900 a livello regionale, che rendono vivo un importante comparto del settore agricolo.
Nonostante questi dati positivi, non mancano le criticità: da un lato i predatori delle api sempre più
numerosi, capaci di provocare gravi danni produttivi e dall’altro un mercato del miele dove la
concorrenza di prezzo dei prodotti industriali è enorme, a discapito spesso della qualità.
A segnalare i problemi dell’apicoltura ferrarese ed emiliano – romagnola è Valter Romanini,
apicoltore biologico di Cia – Agricoltori Italiani Ferrara che da molti anni è impegnato nella
produzione di un miele certificato privo di residui e di altissima qualità.
«I problemi della produzione di miele 2016 sono stati molteplici – spiega Romanini – dalle condizioni
climatiche con un clima ventoso che ha letteralmente asciugato i fiori, ai diversi parassiti e predatori
che hanno falcidiato gli alveari. Parliamo naturalmente dell’acaro dell’ape, un parassita che si
riproduce negli alveari, nutrendosi delle larve di api che nascono deformi e muoiono ma anche
dell’Aethina Tumida, un coleottero capace di mandare letteralmente al collasso intere colonie di api
e poi, ultima sgradevole arrivata, la Vespa Velutina, un vero killer delle api da miele.
A questi fattori si aggiungono problemi legati ad un mercato dove la qualità del miele sembra
passare in secondo piano, a discapito degli apicoltori impegnati a produrre mieli ad alto valore
nutrizionale e del consumatore ignaro di mangiare un prodotto che con il miele ha davvero poco a
che fare. Il miele – continua Romanini – è, infatti, uno degli di alimenti con più casi di adulterazioni
per cause economiche. La ragione è molto semplice: la materia prima è costosa, le aziende non
vogliono immettere sul mercato un miele a prezzi non competitivi e dunque si cercano scorciatoie. Il
prodotto viene così diluito con zuccheri sintetici come sciroppo di mais, barbabietola e ultimamente
riso, difficilissimo da trovare con i metodi di indagine attuali per le frodi alimentari.
Noi apicoltori, se vogliamo continuare a rendere vitale questo importante settore, dobbiamo andare
in controtendenza, producendo un miele naturale, che conservi tutte le proprietà organolettiche e
possibilmente con zero residui. Per farlo dobbiamo fare molta attenzione ai luoghi dove collochiamo
gli alveari che devono essere più lontani possibile dagli inquinanti e dunque assicurarci che ci siano
piante e fiori adeguati perché il miele deve essere sano ma anche buono da mangiare. E soprattutto
dobbiamo contribuire a diffondere una cultura del miele di qualità che ha certamente un prezzo più
alto di quello industriale o prodotto senza seguire le regole, ma è davvero miele.»
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CIA FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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