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Da ufficio stampa

L’azienda che trasforma attualmente il 40% del pomodoro da industria del territorio ha un debito nei confronti delle aziende agricole di quasi undici milioni di euro per la campagna 2016.

Ferrara – Ammonta a quasi undici milioni di euro il debito di Ferrara Food nei confronti delle aziende agricole che hanno conferito pomodoro da industria nel corso della campagna 2016. Attualmente l’azienda di trasformazione, che assorbe quasi il 40% del pomodoro del distretto produttivo ferrarese, ha pagato agli agricoltori solo il prodotto consegnato a luglio, ma mancano all’appello i conferimenti, ben più “pesanti”, di agosto e settembre. Una situazione di forte crisi per il comparto che, secondo Cia – Agricoltori Italiani Ferrara e Confagricoltura Ferrara, occorre risolvere al più presto, attraverso un tavolo di concertazione istituzionale che riesca a salvare l’azienda, il reddito delle aziende e un intero distretto produttivo.«Dopo aver monitorato con attenzione l’evoluzione della crisi di Ferrara Food iniziata nei mesi scorsi – sottolineano le due associazioni – è certamente arrivato il momento di sollecitare lo sblocco di questa situazione di stallo e il pagamento del dovuto alle aziende agricole che hanno conferito pomodoro nel 2016. Questo è il nostro primo e importante obiettivo a brevissimo termine. Ma esiste anche un obiettivo più ampio e a lungo termine per riuscire a salvare un intero comparto produttivo. Per i produttori il fallimento e la chiusura dello stabilimento di Argenta significherebbe non avere un’alternativa sul territorio per conferire il pomodoro, un conseguente abbandono della coltura e la perdita di una importante possibilità di reddito. Le aziende agricole, infatti, hanno fatto investimenti, scegliendo il pomodoro da industria per differenziare la produzione e migliorare la redditività agricola. Non dimentichiamo, inoltre, – continuano Cia e Confagricoltura – che lo stabilimento di Ferrara Food dà lavoro a molte persone, dal personale fisso a quello stagionale, e la sua chiusura porterebbe a una perdita consistente di posti di lavoro sul territorio. Le nostre associazioni sono disponibili a un tavolo di

confronto istituzionale per la risoluzione della crisi, al quale pensiamo debbano sedersi anche le banche che in questa situazione hanno ovviamente un ruolo determinante perché, di fatto, il pomodoro di Ferrara Food è di loro proprietà. Gli istituiti bancari potrebbero – a determinate condizioni e garanzie – dare liquidità all’azienda che riuscirebbe a pagarei produttori, ma anche dare continuità produttiva per la prossima campagna, così da consentire alle aziende agricole di pianificare la produzione nel 2017. Occorre fare in fretta perché distretto del pomodoro ferrarese – concludono Cia e Confagricoltura – è un patrimonio agricolo importante e non si può lasciare che vada in default a causa del fallimento di un’azienda di trasformazione che, grazie a uno sforzo congiunto, potrebbe continuare a operare nel settore. Non dimentichiamo, infine, che il comparto ferrarese del pomodoro è un modello “etico” di produzione per altre realtà, come quelle del Sud, dunque un esempio per l’intera produzione italiana di pomodoro da industria.»

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CIA FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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