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Il fiume

C’è un fiume, qui, che pende su di noi
come una spada liquida:
quando si gonfia fa paura.
Tremiamo ad ogni pioggia.
La gente ne parla a voce bassa,
come di un dio terribile
che può colpire in ogni momento.
I vecchi ricordano piene rovinose,
scuotono il capo e allargano le braccia.
È così dovunque, l’Italia affonda,
ed è un lento morire, una disfatta.

(Da “Tre sguardi in uno”, Pendragon, Bologna, 2015)

Quando sento commentare la tragedia dell’alluvione in Romagna con le solite, trite frasi “Servono le vasche di laminazione” (per frenare le portate dei fiumi ingrossati dalla pioggia), oppure “Sono necessari gli invasi” (per conservare l’acqua piovana nei periodi di siccità), o ancora “Il nostro territorio è fragile” per via delle frane, eccetera, mi dico che questi discorsi li ho sentiti dieci, venti anni fa. Anche quando non si parlava ancora estesamente di cambiamento climatico.

A proposito di territorio fragile, viene in mente quello che nel 1904 Giustino Fortunato, autorevole meridionalista, scriveva a proposito della Calabria definendola “uno sfasciume pendulo sul mare”.

Cosa è mutato da allora? Poco, pochissimo.

E allora, VERGOGNA.
Vergogna imperitura per chi avrebbe dovuto provvedere e non l’ha fatto.
Vergogna per chi, ancor oggi, fa finta di non accorgersi del consumo di suolo o di chi permette di costruire case negli alvei dei fiumi; per chi non recupera, almeno in parte, l’immenso patrimonio edilizio esistente e disponibile e edifica con nuovo cemento.
Per chi non fa niente, o quasi, per mantenere il territorio in condizioni di sicurezza.
Per chi va in televisione a impancare giudizi negativi sull’avversario politico di turno, solo per farsi un po’ di propaganda.

Perché in Italia si succedono terremoti, inondazioni e frane, seguono grandi discorsi, si piangono le vittime, e poi tutto resta come prima, l’ambiente rimane una voce residuale nelle politiche di investimento pubblico.

Sapete come fu soprannominato dai suoi detrattori Giustino Fortunato, autore di studi e proposte rigorose anche sulla gestione del territorio meridionale? “L’apostolo del nulla”.

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Franco Stefani

Franco Stefani, giornalista professionista, è nato e vive a Cento. Ha lavorato all’Unità per circa dieci anni, poi ha diretto il mensile “Agricoltura” della Regione Emilia-Romagna per altri 21 anni. Ha scritto e scrive anche poesie, racconti ed è coautore di un paio di saggi storici.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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