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da: ufficio stampa Camera di Commercio di Ferrara

Il turista culturale che soggiorna in Italia è più propenso a spendere 52 euro al giorno per l’alloggio, in media, e 85 euro per spese extra, contro i 47 euro per alloggio e 75 per gli extra di chi viene per ragioni non culturali

Muove il 10% del valore aggiunto provinciale, equivalente a più di 800 milioni di euro. Tanto vale nel 2014 la filiera culturale ferrarese, un dato comprensivo del valore prodotto dalle industrie culturali e creative, ma anche da quella parte dell’economia locale che viene attivata dalla cultura, il turismo innanzitutto. Queste le cifre più significative che emergeranno dallo specifico focus realizzato dalla Camera di commercio di Ferrara e che sarà presentato, il 12 giugno prossimo, alla presenza, in qualità di relatore, del ministro dei Beni e delle attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini, in occasione della 13ª Giornata dell’economia. Con risultati eloquenti: le industrie culturali e creative si confermano un pilastro del made in Ferrara. Tanto che durante la crisi l’export legato a cultura e creatività è cresciuto di oltre il 15%. E così mentre la crisi imperversa e un pezzo consistente dell’economia provinciale fatica, il valore aggiunto prodotto dalle industrie culturali e creative tiene, fa da volano al resto dell’economia e cresce anche la capacità attrattiva del settore rispetto alle donazioni dei privati.

“Il 12 giugno prossimo – spiega Paolo Govoni, presidente della Camera di commercio di Ferrara – metteremo sotto i riflettori ciò che di nuovo e di positivo si sta muovendo, pur nella crisi: le tante imprese (più di 8.000) che rinnovano il nostro made in Ferrara attraverso una sintesi unica fra cultura, creatività e tecnologia dove, non a caso, sono spesso protagonisti i giovani e le donne. Il sistema produttivo culturale – prosegue il numero uno dell’Ente di Largo Castello – rappresenta una vera ‘filiera territoriale’: quella che produce all’interno del territorio e moltiplica benessere per il territorio, secondo una logica di rete che coinvolge tanti piccoli e medi imprenditori, anche del mondo del non-profit. La sua capacità anticiclica deve far capire dove occorre oggi concentrare gli sforzi di politica economica e dove – a livello nazionale e locale – è necessario incentivare investimenti che ottengano effetti moltiplicativi certi sull’occupazione, sui consumi, sul turismo e a vantaggio delle  esportazioni di beni e servizi“.

Ma la forza della cultura va ben oltre, grazie ad un effetto moltiplicatore pari a 1,67 sul resto dell’economia: così per ogni euro prodotto dalla cultura – evidenzia un recente Rapporto Unioncamere-Fondazione Symbola – se ne attivano 1,67 in altri settori. Una ricchezza che ha effetti positivi anche sul fronte occupazione: le sole imprese del sistema produttivo culturale – ovvero industrie culturali, industrie creative, patrimonio storico artistico e architettonico, performing arts e arti visive – danno lavoro in Italia a 1,4 milioni di persone, il 5,8% del totale degli occupati. Che diventano 1,5 milioni, il 6,2% del totale, se includiamo anche le realtà del pubblico e del non profit. Per non parlare, infine, dell’effetto traino che la cultura ha sull’intera economia: il turista culturale che soggiorna in Italia, ad esempio, è più propenso a spendere 52 euro al giorno per l’alloggio, in media, e 85 euro per spese extra, contro i 47 euro per alloggio e 75 per gli extra di chi viene per ragioni non culturali. Del totale della spesa dei turisti in Italia, 73 miliardi di euro nel 2013, il 36,5% (26,7 miliardi ) è legato proprio alle industrie culturali.

 

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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