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Da: Laura Bassi

Ho portato rispetto all’ANPI, anche se ormai composta da ben pochi partigiani, finchè non si è schierata contro Renzi ai tempi del famoso referendum, scegliendo così di entrare a piedi pari nella politica politicante e tradendo, a mio avviso, lo spirito unitario della Resistenza. Non a caso, a Ferrara,Diego Cavallina si dimise dall’associazione per le scelte faziose di quest’ultima.Ora, vedendo esponenti e bandiere dell’ANPI alle manifestazioni delle “sardine”, ho provato non poca delusione. Speravo in una ventata d’aria nuova e magari di vedere qualche cartello con la foto di Asia Bibi o a supporto dei ragazzi che lottano a Hong Kong…e mi sarebbe piaciuto anche veder sventolare qualche libro di Orwell… ma con l’ANPI (che a Ferrara contestò financo l’esposizione dei libri di Pansa,anche se mi piace ricordare che un intellettuale di formazione marxista e di grande dirittura morale come Fiorenzo Baratelli si dissociò da quell’iniziativa davvero illiberale oltre che impolitica) quale vento nuovo può soffiare se non è lecito, neppure per uomini di sinistra, proporre cambiamenti allo “status quo”? Gli “anpini” contestarono all’epoca pure le conclusioni della Commissione Bicamerale presieduta da D’Alema, perchè il quadro politico-istituzionale fissato nel 1948 dai padri costituenti doveva rimanere per sempre immutato…
E quanto alla novità di “Bella ciao”, cantata a squarciagola dalle sardine…Ottimo canto, per carità, ma ormai viene usato come il prezzemolo in ogni circostanza (pure come coro da stadio, con parole adattate alle circostanze) svilendone l’autentico significato. In una puntata di “Imma Tataranni, sostituto procuratore”, si vede il marito di Imma che, dinanzi a una parmigiana di melanzane, canticchia : “O parmigiana, portami via…”. Ridere o piangere? O denunciare regista,attore e RAI per vilipendio alla Resistenza?

A me piacciono le sardine (quelle vere), ma se le lasciamo a contatto per più di tre giorni con il pesce vecchio…faranno una brutta fine.
E’ facile prendere gli applausi delle star come Patti Smith o contestare Salvini come ha fatto pure Lapo Elkann (bella compagnia!).Meno facile accettare le critiche (cominciando a dettare liste di proscrizione dei giornalisti sgraditi) e formulare proposte praticabili. Fra l’altro, mi piacerebbe sapere come mai le sardine (e le sardone che le supportano) non contestavano Salvini quando era al governo e lo contestano adesso che è all’opposizione. Misteri d’Italia…o forse profumo di elezioni…
A pensar male si fa peccato, diceva Andreotti, ma spesso ci si prende.
Per conquistar voti al PD – dicono i maligni – il sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha concesso pure la cittadinanza a Sinisa Mihailovic, un tempo criticato per il suo appoggio a Slobodan Milosevic e a qualche gerarca serbo non proprio in odore di santità. D’altronde Sinisa è malato, anche i tifosi votano, Milosevic fu pure comunista e in fondo…”à la guerre comme à la guerre”, nononostante le riserve di Amelia Frascaroli e di qualche compagno dalla memoria buona. Che cosa non si fa – direbbe sempre qualche maligno – pur di allontanare lo spettro di Salvini.
Senza spingerci fino a Bologna, come spiegare ai compagni comacchiesi che l’avversario combattuto fino i eri – un certo sindaco ex-pentastellato – è divenuto improvvisamente un affidabile alleato? Qualcuno è forse caduto sulla via di Damasco? E chi, di grazia?
Tornando ai pesciolini,perchè Santori e gli altri suoi amici dai modi educati e dalle mani certamente prive di calli non vanno a parlare di antifascismo ( dopo oltre sette decenni dalla morte di Mussolini!) agli operai dell’ILVA, ai senza tetto o ai licenziati delle varie catene di supermercati? Perchè prenderebbero una caterva di fischi. D’accordo sui valori della Resistenza, ma il fascismo è morto e sepolto. Lo ha spiegato bene Bruno Vespa e lo ha detto a chiare lettere anche un intellettuale di sinistra come Massimo Cacciari, che potrà risultare antipatico a qualcuno, ma certamente è un uomo libero e parla chiaro:«Basta con questa storia del fascismo e dell’antifascismo, non se ne può più. È un dibattito di una inconcludenza totale, fondato sul nulla. Pensiamo piuttosto al fatto che i nostri ragazzi escono da scuola senza sapere bene chi erano Hitler e Mussolini». Come non essere d’accordo con il barbuto filosofo veneziano?

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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