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da: ufficio stampa Confartigianato

«Il concordato in bianco del decreto crescita, è un’ancora di salvezza o una tagliola?». A ormai un anno dall’entrata in vigore del provvedimento, è quello che si chiede la Confartigianato, che lancia l’allarme ‘speculazione’ mettendo in discussione «il meccanismo  perverso – spiega il vice segretario, Paolo Cirelli – che concede alle imprese di autocertificare la propria posizione di difficoltà economico-finanziaria, con diritto di sospendere i pagamenti ai creditori per un periodo che va dai 60 ai 180 giorni. Creditori che non possono agire esecutivamente né chiedere il fallimento dell’azienda debitrice». L’associazione diretta da Giuseppe Vancini rivela che cominciano a contarsi i casi di aziende che rischiano la chiusura. «Registriamo un utilizzo disinvolto del provvedimento – incalza il vice – che si sta rivelando un premio per troppi, una comoda alternativa al fallimento che umilia e lascia a mani vuote la maggioranza dei creditori, in particolare i medio piccoli». Esempi pratici. «Nell’edilizia succede che l’impresa committente conceda in subappalto ad artigiani e piccoli imprenditori i lavori da eseguire. Poi incassi il corrispettivo dalla stazione appaltante e quasi contemporaneamente presenti richiesta di concordato in bianco. In questo modo però non  paga le imprese subfornitrici esposte con istituti di credito che, appresa la notizia, pretendono addirittura rientri immediati su scoperti e affidamenti. Anche se economicamente sano, ma con problemi di liquidità, il subappaltante viene così messo in ginocchio». Un comportamento che la Confartigianato stigmatizza, tanto più «perché utilizzato anche nelle zone del cratere sismico», rimarca Cirelli. Ecco perché chiede «una maggiore attenzione ai requisiti delle imprese che partecipano agli appalti, un maggior frazionamento degli importi, così da permettere alle realtà del territorio di concorrere evitando il subappalto. Di prevedere un meccanismo trasparente di saldo tra stazione appaltante e subappaltatore inserendo per quest’ultimo il pagamento diretto o un privilegio di incasso, tutele con corsie  preferenziali per i fornitori che hanno contratti continuativi con un unico  grande cliente di riferimento».

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CONFARTIGIANATO


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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